Venezia74, il regista Sebastiano Riso © La Biennale foto ASAC |
“Lei è omosessuale? Su, avanti, risponda alla domanda... Lei è una checca? Lei è un finocchio, un pederasta, un invertito, un piglia-in-culo? Lei è un apri-chiappe, un ossobuco? Avanti, risponda alla domanda... Lei è o non è un gay?!?”. Tuonava così esausto e arrabbiato l'avvocato Miller (Denzel Washington) nel drammatico Philadelphia (1993, di Jonathan Demme). A distanza di più di 20 anni assistiamo ancora alla discriminazione contro gli omosessuali, anzi peggio, la bruta violenza.
Basta, basta con le parole di circostanza. Basta davvero. È ora e tempo di cambiare questa società sempre più (am)mal(i)ata di violenza. L'ultimo caso, il regista siciliano Sebastiano Riso (Più buio di mezzanotte, Una famiglia). Nessun vicolo buio. Luogo dell'agguato, l'androne di casa propria. Calci, pugni e insulti. Degno risultato di una cultura ancora capace di rimpiangere il fascismo e annesso macho-proselitismo.
La violenza omofoba così come quella domestico-taciuta sulle donne è un problema endemico di questa nazione. Continuare a negarlo significa alimentare tutto questo clima ed essere ugualmente criminali. Loro intanto se la spassano. Loro, i fieri maschi italici. "Prendi a pugni il frocio. L'invertito. Menalo per bene e poi vantati con i tuoi amici retrogradi. Quella checca di merda l'ho pestata per bene”. Eh si, funziona così. Adesso potete andare in giro soddisfatti.
Passano gli anni, si fanno campagne nazionali, ci si mobilita in piazza ma il problema resta. Tutto questo non serve più. Non è abbastanza. Si scalfisce la crosta. A scuola e in famiglia si continua a portare avanti un'idea sballata. Essere omosessuale non è e non deve essere un problema. Non nel 2017. Ed è ora che tutti ci sentiamo coinvolti perché nostro figlio potrebbe essere gay o magari il suo compagno di banco, e come ci comporteremo allora? Ci volteremo dall'altra parte o avremo il fegato di dire la nostra?
Nel drammatico Una famiglia (2017), film presentato a Venezia74, con protagonisti Micaela Ramazzotti (Il nome del figlio, Ho ucciso Napoleone, La pazza gioia), Patrick Bruel e la giovane Matilda “Veloce come il vento” De Angelis, il regista siciliano accende la telecamera sulla questione dell'utero in affitto in Italia. Una nazione tragicamente incapace di confrontarsi con la realtà contemporanea, preferendo nascondersi dietro una cultura retrograda di comodo. Gli etero non sono gli unici che cercano vie alternative quando non possono avere figli. Anche gli omosessuali, uomini e donne. Ma questo per molti è intollerabile.
Durante il pestaggio infatti, al regista catanese classe '84 è stata ben rimarcata questa sua attenzione cinematografica condita ovviamente da insulti variegati. Riso se l'è cavata (si fa per dire) con una contusione della parete toracica addominale e un trauma allo zigomo con edema alla cornea. Ecco l'Italia, ancora ignorante e succube di logiche politico-ecumenali per le quali il gay non è un omosessuale, è uno schifoso e come tale va punito quando capita.
Il cinema, un film, un articolo o una presa di coscienza collettiva dopo un fatto di cronaca non sono la risposta né la soluzione al problema dell'omofobia. E fino a quando il partito di turno avrà paura di perdere voti schierandosi a favore degli omosessuali, non ci sarà niente da fare. I genitori nelle scuole protesteranno quando nei libri ci saranno racconti incriminati. E allora andiamo avanti così, tanto finché è un frocio o un ricchione a prenderle, chi se ne frega. Dentro la nostra fierezza di etero o gay-nascosto frustrati, alla fine lo pensiamo tutti uguali: gli sta bene!
Philadelphia, il discorso dell'vvocato Miller
Venezia74 (da sx): Sebastiano Riso, Micaela Ramazzotti e Patrick Bruel © La Biennale foto ASAC |
il regista Sebastiano Riso sul red carpet della 74° Mostra del Cine,a © La Biennale foto ASAC |
Venezia74 (da sx): Sebastiano Riso, il direttore del festival Alberto Barbera, Micaela Ramazzotti, Patrick Bruel e Matilda De Angelis © La Biennale foto ASAC |
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