(da sx) i registi Pier Paolo Pasolini e Gabriele Muccino |
di Luca Ferrari
Il regista Gabriele Muccino l'ha fatta grossa. Dal suo profilo di Facebook ha osato toccare uno dei mostri sacri del cinema italiano, Pier Paolo Pasolini (1922-1975), di cui lo scorso 2 novembre ricorreva il quarantennale della sua morte. Nonostante parole più che benevole su altre doti dell'artista, non è stato così tenero sul fronte della settima arte, in qualche modo additandolo come il primo esempio (suo malgrado) di cineasta improvvisato.
Questo è ciò che aveva scritto sul social network: “Per quanto io ami Pasolini pensatore, giornalista e scrittore ho sempre pensato che come regista fosse fuori posto, anzi era semplicemente un – non regista –, che usava la macchina da presa in modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente cinematografico sulle cose che raccontava, in anni in cui il cinema italiano era cosa altissima, faceva da scuola di poetica e racconto cinematico e cinematografico in tutto il mondo”.
Muccino è un regista controverso. Ha diretto un film generazionale, L'ultimo bacio (2001) e in qualche modo sembra ancora pagarne il prezzo con una grossa fetta di pubblico e critica che non gli da pace. Ha lasciato l'Italia e se n'è andato negli Stati Uniti dirigendo quattro film dall'esito diverso. Decisamente mediocre Quello che so sull'amore (2012), di gran lunga superiore il recente Padri e figlie (2015) dove a svettare è una notevole prova attoriale di Amanda Seyfried.
Vista la massa di commenti e insulti, Muccino ha dovuto chiudere il proprio profilo facebookiano. Ma perché tutto questo accanimento? Ha davvero detto qualcosa che non sta né in cielo né in terra? Può essere, però rimane una sua opinione e per quanto non condivisibile, il regista romano non ha certo sfregiato la memoria del collega bolognese. Ha espresso un parere in termini pacati e quando si è ritrovato a dover gestire l'ondata di malcontento, ha replicato con altrettanta garbo.
Inoltre c'è un dettaglio che proprio non mi torna. Pasolini era un omosessuale. In questi giorni è uscito sul grande schermo il film Freeheld - Amore, giustizia, uguaglianza (2015 di Peter Sollett) con protagoniste Julianne Moore ed Ellen Page. Al giorno d'oggi ci sono politici e sindaci che parlano in modo vergognoso sul discorso gender, un problema di cui Pasolini ne avrebbe di sicuro avute da dire, scrivere e magari ancora dirigere. Perché allora invece di sprecare energie e tossine contro un innocuo regista non si utilizzano le proprie forze contro i veri problemi?
Non condivido ciò che ha scritto Gabriele Muccino ma allo stesso tempo non sono stato attraversato da cotal furore e astio nei suoi confronti anche perché, se l'obiettivo era quello di colpirlo, la reazione sarebbe dovuta essere una e una unica: l'indifferenza. Invece no, pioggia di insulti ed ecco che diventa un caso. Troppo facile poi parlare di libertà d'espressione quando è la propria visione a risentirne. Troppo facile difendere le vittime della nostra ideologia e sputare sopra chi non la pensa come noi.
Sulla questione infine è intervenuto anche Massimo Gramellini, durante la trasmissione Che tempo che fa di sabato 7 novembre. Parole, quelle del giornalista torinese che condivido in pieno e che danno la migliore e più degna chiusura di questo, chiamiamolo così, scambio di opinioni tra Muccino e il resto del web. “Se Pasolini fosse vivo”, ha detto Gramellini, “sarebbe stato il primo a difendere Muccino per queste sue parole”.
E tu cosa ne pensi? Posta un commento nell'apposito spazio.
il giornalista Massimo Gramellini |
Nessun commento:
Posta un commento