C'era una volta a... Hollywood - lo stuntman Cliff Booth (Brad Pitt) |
di Luca Ferrari
C'era una volta a... Hollywood. C'è ancora Quentin Tarantino. Per il suo nono lungometraggio il regista innamorato della settima arte si è regalato due attori di straordinario talento, affidandogli un copione capace di soddisfare qualsiasi palato e alternando ogni ingrediente possibile. Osservi la performance di Leonardo DiCaprio e ti chiedi possa aver vinto un Oscar per il mediocre Revenant senza che lo bissi nel 2020 per C'era una volta a... Hollywood. Guardi Brad Pitt e ti chiedi esterrefatto come sia possibile che sia ancora a dieta stretta di grossi riconoscimenti (solo un Golden Globe nell'ormai lontano 1996 come Miglior attore non protagonista per L'esercito delle 12 scimmie).
Tarantino sa osare e osa. Archiviato l'accettabile The Eightful Eights, (2015) film divertente ma fin troppo Tarantiniano, questa volta il regista ha cambiato del tutto registro mettendo la storia al servizio dei protagonisti. Le loro vicende umane si muovono come pesanti locomotori con traini gravidi di pietra e sterpaglia. Rick Dalton (DiCaprio), in preda a crisi da star decaduta. Cliff Booth (Pitt), nella quiete di una rassegnazione mentale addolcita solo dall'amata pitbull Brandy. Insieme e separati sparano le ultime cartucce in una Hollywood ormai pronta per la pensione e al cambiamento che colpirà (anche a morte) la società e la cultura.
E poi c'è lei, Margot Robbie, di nuovo al fianco di Leonardo dopo il controverso The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese. E' lei a interpretare Sharon Tate, la moglie del regista Roman Polanski di cui tutti conosciamo il tragico epilogo. Un evento questo su cui c'era molta curiosità e soprattutto timore di come e se Taranatino l'avrebbe narrata. Sharon è giovane, solare e innamorata. E' incinta. Vederla al cinema mentre si guarda The Wreckin Crews (1968, di Phil Carlson - Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm), appena uscito sul grande e interpretato anche dalla suddetta, è un trionfo di spontanea semplicità.
Dopo le ruvide ed eccellenti interpretazioni in Tonya (2017, di Graig Gillerspie), nomination come Miglior attrice protagonista ai BAFTA, Golden Globe, premi Oscar 2018, e Maria, regina di Scozia (2018, di Josi Rourke), questa volta Margot Robbie lascia emergere tutto il suo candore, regalando una rilassata dolcezza alla sua giovane collega, uccisa dalla setta di Charles Manson all'età di 26 anni. Così, mentre Dalton è alla disperata ricerca di un rilancio di carriera, venendo perfino nella poco amata Italia, Cliff, è ormai un segretario tuttofare per l'attore, senza mai comunque eccedere e rimanendo comunque uniti da una sincera amicizia. O per lo meno ci prova, come ama dire nelle interviste.
Rick è nervoso. Cliff rilassato. Anche nelle situazioni più critiche, il primo è facile preda della fragilità, il secondo mantiene il sangue freddo (anche sotto strani effetti). Scorrazza su e giù per gli studios senza scomporsi mai, passando dallo sfidare a botte e per davvero il re del kung fu, Bruce Lee (Mike Moh), scena molto attesa e chiacchierata e poco amata dai suoi fan) a sistemare l'antenna del suo amico. E' in questi viaggi su quattro ruote che incontra Pussycat (Margaret Qualley), hippy autostoppista che conduce in un ranch ex-set cinematografico, ritrovo di personaggi sinistri come l'assente Charles Manson (Damon Harriman).
Una sigaretta, una seconda e poi un'altra ancora. Un drink e poi un altro. La pappa del cane. Un copione. Un matrimonio. La resa dei conti. I sogni nascono lontani e finiscono tutti ad Hollywood. Qualcuno vuole far cessare quelli di altri. Qualcuno, un po' per caso, si ritroverà in mezzo alla Storia e farà quello che deve fare. Rick Dalton e Cliff Booth vanno per la loro strada. Sharon Tate abita accanto a loro ma fino a ora non si sono mai incontrati né rivolti la parola. Adesso è il momento di scrivere nuove pagine. Adesso è arrivato il momento di dare speranza a un mondo che dice di averla già perduta e ne è ancora traumatizzato.
Gestire oltre due ore e mezza di pellicola non è facile, neanche se ti chiami Quentin Tarantino. C'era una volta a... Holliwood (2019). Brad Pitt e Leonardo DiCaprio sono due giganti di recitazione. La storia effettiva passa quasi in secondo piano rispetto alle loro performance. Impossibile dire che uno sia il coprotagonista dell'altro. Per gran parte del film poi, non sembra quasi Tarantino se non per certe inquadrature e i classici cameo dei suoi attori feticcio: Kurt Russell, Bruce Dern e l'immancabile Michael Madsen. Nella carrellata di figure, si annovera anche il Bobby Axelrod di Billions, Damian Lewis, Dakota Fanning, Al Pacino, e il compianto Luke Perry, star della sitcom anni novanta Beverly Hills 90210, deceduto lo scorso marzo per un ictus.
Insolitamente rispetto alle canoniche uscite, C'era una volta a... Hollywood è sbarcato il mercoledì e al cinema Rossini di Venezia ha subito riscontrato un successo incredibile. Nell'ampia sala 1 infatti non c'era un posto libero. Tutto il pubblico si è divertito e ha dimostrato di apprezzare davvero la pellicola davanti a sé. Una lunga serata di cui chiunque si porterà aneddoti e ricordi. Un'opera scandita da cinema, storia, dramma, suspense e quell'irrinunciabile ingrediente pulp. Un elemento quest'ultimo che è ormai una sorta di arma finale per Quentin Tarantino. Un qualcosa che tutti speriamo di vedere e accendere al momento giusto. Lui lo fa, come (quasi sempre) in modo originale e coinvolgente. Il pubblico veneziano ne è la più lampante delle cine-dimostrazioni.
Il trailer di C'era una volta a... Hollywood
C'era una volta a... Hollywood - Sharon Tate (Margot Robbie) |
C'era una volta a... Hollywood - Rick Dalton (Leonardo DiCaprio) |
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