La furia dei titani - Perseo (Sam Worthington) |
di Luca Ferrari
Titani come moderni e spietati profeti di ideologie economico-religiose con l’universo di schiavi crescente ogni giorno a dismisura. Chi è il Perseo moderno al giorno d’oggi? Non lo so. Al giorno d’oggi dominerebbe la furia dei titani? Non è umanamente detto. Un regno per un abuso. Una dittatura per un’altra fine del mondo. Lì nel mezzo, un amorevole padre che ha smesso di combattere e vuole pensare solo al proprio figlio. Ma l’assenza dalla polvere e sangue durerà poco.
Lo scontro finale. Gli uomini salvano gli dei. Semidei e umani al servizio di una causa che riguarda tutti. In questa nuova pellicola gli echi avatariani sono lontani. Il 3D è all’altezza della sua fama, e il risultato è un film non senza rivolti nella vita quotidiana. Con il padre degli dei, Zeus (Liam Neeson) a sentenziare, prima della sua stessa morte, “non ci saranno più dei, non ci saranno più sacrifici”. Ma dove la divinità non arriva, ci ha sempre pensato l’uomo. L’istituzionalizzazione dell’essenza spirituale ha reso i templi di culto troppo simili alle moderne camere di commercio. E le scelte dei re/presidenti sono calcoli infinitesimali per aumentare il proprio potere.
Perseo (Sam Worthington) è l’antieroe per eccellenza. Non arrogante né blasfemo come l’Achille (Brad Pitt) di Troy, che mozza le teste delle statue divine senza alcun timore. Sua moglie è morta, e la sua unica ragione di vita è il figlio Elio. Dopo aver annientato il poderoso Kraken, Perseo dovrà affrontare una nuova e temibile sfida. Echi ridleyscottiani si alimentano nel triangolo buono – saggio – cattivo. Perseo come Massimo Decimo Meridio. Zeus come l’imperatore Marco Aurelio. Ares come Commodo. Onore contro Prepotenza. Forza interiore contro ambizione smisurata.
Perseo preferisce fare il pescatore e crescere il proprio figlio senza farlo carico della discendenza divina. È solo quando capisce che tutto il mondo è in pericolo, che accetta di tirare fuori le spade impolverate e affrontare terribili creature scaraventate sulla terra da Ade (Ralph Fiennes) e Ares (Edgar Ramirez). Il loro piano, riuscito, è catturare Zeus, incatenarlo negli Inferi e privarlo di tutti i suoi poteri in favore di Crono. Con la stirpe degli dei morenti, solo un semidio come Perseo, fratellastro di Ares, può rimettere le cose a posto. Ma per farlo dovrà liberare Zeus, e quindi entrare (e uscire) nel Regno dei Morti, nella prigione del Tartaro.
In questa missione impossibile sarà supportato dalla coraggiosa regina Andromeda (Rosamund Pike) e il cugino semidio, figlio di Poseidone, l’anarchico Agenore (Toby Kebbel). Chiave di volta sarà l’aiuto del dio-fabbro Efesto (Bill Nighy). Ancora una volta dunque l’umanità è di fronte a un nemico che vuole fare piazza pulita. E vive in un mondo dove non c’è posto per il dialogo, ma solo per la guerra. Ma quando Perseo capirà che il solo modo per recuperare la saetta di Zeus, fondamentale per distruggere Crono unendola al tridente di Poesidone e il bastone di Ade, pur sapendo che potrebbe morire, invoca e affronta Ares che si è appropriato dell’arma del padre degli dei.
Oggi, tremila come quattromila anni fa, superstizioni e vecchie leggende hanno ancora il potere di lavare il cervello delle persone. Di veri eroi invece, disinteressati e realmente capaci di stroncare le mire dispotiche di malvagi senza scrupoli, c’è sempre meno traccia. Come nel grande schermo, è ora che anche nella vita reale qualcosa inizi cambiare. E che loro sappiano che in qualsiasi bunker si nasconderanno, qualcuno potrà trovarli.
Quando l’uomo smetterà di cercare in una visione la fonte della propria salvezza e inizierà a fare delle proprie mani il più grande strumento al servizio della Vita, allora gli eroi torneranno a essere quello che sono.
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