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venerdì 11 gennaio 2019

Benvenuti a Marwen - Io sono vivo

Benvenuti a Marwen - Mark (Steve Carell) sostenuto da
"La vita che avevo mi è stata portata via, adesso però sono qui. Ho speranza. Ho le mie amiche che mi coprono le spalle. Io ce la farò". Benvenuti a Marwen (2018, di Robert Zemeckis).

di Luca Ferrari

Una mano sulla spalla. Un abbraccio. Una sincera promessa di restarti accanto nella difficoltà. Un sentimento battagliero e deciso. Il dire, "Io ti guardo le spalle". Comincio da qui. Parto da questa immagine per addentrarmi nell'incubo (reale) di un uomo che è anche quello di moltissimi di noi. Un incubo che per molti è stata la fine e per altri una morte interiore che li ha spinti a dover ricominciare nel silenzio abbandonato delle proprie macerie. La realtà comune di una vita che d'improvviso è mutata per sempre. Basato sulla vita e i lavori dell'artista-fotografo Mark Hogancamp, è uscito sul grande schermo il toccante Benvenuti a Marwen (2018, di Robert Zemeckis).

Mark Hogancamp (Steve Carell) era un brillante fumettista. Un bicchierino di troppo lo porta a rispondere in sincera onestà a cinque balordi che spinti dall'odio, lo aggrediscono alle spalle e senza pietà. Lo picchiano pesante prendendolo a calci alla testa ripetendogli nel furore vigliacco e più volgarmente testosteronico, l'appellativo di checca. Mark giace a terra più morto che vivo e col tempo, attraverso una dura riabilitazione fisica, riprende a camminare. A causa dei colpi subiti alla tempia però, ha perso tutti i suoi ricordi antecedenti all'aggressione. La sua psiche risulta compromessa. Ha incubi. Si rifugia allora nella fotografia, creando un mondo fittizio fatto di bambole dove il suo alterego affronta i nazisti ed è sempre aiutato dalle cinque indomite donne armate di tutto punto.

Per le sue amiche, Mark s'ispira alla sua vita reale. C'è la fisioterapista Julie (Janelle Monae), l'infermiera Anna (Gwendoline Christie), l'attrice Suzette (Leslie Zemeckis), la collega di lavoro Caralala (Eiza González), la negoziante Roberta (Merritt Wever) e in ultima, la sua nuova vicina di casa, Nicol (Leslie Mann). Mark viene sempre ferito dai nemici, alle volte torturato ma alla fine vengono sempre uccisi, eppure tornano in vita. C'è anche un'altra donna, in effetti. La cosiddetta strega belga Deja Thoris (Diane Kruger). Dice di amare Mark ma allo stesso tempo uccide chiunque gli si avvicini troppo.

Mark è un uomo traumatizzato. Si è costruito una dimensione parallela. Esce di casa il giusto necessario e ogni volta che il suo avvocato gli parla di processo e di condanna dei suoi aggressori, lui rimanda o fugge via. S'imbottisce di pastiglie. Evita di confrontarsi con quel lacerante dolore che lo porterebbe far ricominciare a vivere. Allo stesso tempo però, le sue foto di questo villaggio (belga) chiamato appunto Marwen, e ambientato nella II Guerra Mondiale, stanno avendo successo e stanno per essere esposte a New York. Per ricominciare a vivere però, occorre fare quel passo per certi versi inimmaginabile. Bisogna prendere il proprio trauma, guardarlo diritto negli occhi e voltare pagina una volta per tutte. 

Benvenuti a Marwen (2018, di Robert Zemeckis) non è un film facile. A dispetto del regista arcinoto e l'attore protagonista, non sarà mai una pellicola commerciale. Un plauso al Circuito Cinema di Venezia Mestre che ha scelto di collocarlo nella sua sala (1) a maggior capienza, al cinema Rossini. Una scelta decisamente controcorrente visto che avrebbe potuto piazzarvi i più popolari e probabilmente redditizi, Non ci resta che il crimine con Marco Giallini, Edoardo Leo e Alessandro Gassmann, o anche Vice - L'uomo nell'ombra di Adam McKay, sulla controversa figura del politico americano Dick Cheney, qui interpretato da Christian Bale (fresco di Golden Globe per la suddetta performance). Film che vede protagonisti anche Amy Adams, Sam Rockwell e di nuovo Steve Carell. Il pubblico però ha subito iniziato a rispondere, a cominciare dalla nota attrice Ottavia Piccolo.

Con l'avvicinarsi delle cerimonie dei vari Globe, BAFTA e Oscar, si parla spesso di attori e attrici che non hanno mai vinto il tal premio e quando ciò avviene, in pochi menzionano un "mostro di trasformismo" come è Steve Carell, qui all'ennesima prova superlativa  Dal laido anchorman di Una settimana da Dio al fianco di Jim Carrey ai pluripremiati 40 anni vergine, il cult Litte Miss Sunshine e la serie The Office (remake dell'omonimo britannico) dove interpreta l'incompetente capoufficio Michael Scott. Un radicale cambio di pelle, ed eccolo sadico trainer in Foxcatcher - Una storia americana (al momento l'unica nomination agli Academy ricevuta), quindi un'incursione Alleniana (Woody, ndr) in Cafè Society (2016) e l'ancor più recente e inedito qui in Italia, Last Flag Flying (2017) insieme a Bryan Cranston e Laurence Fishburne.

Negli ultimi anni poi, Carell è stato un pacato psicologo specializzato nel lenire i dolori di coppia dinnanzi a Meryl Streep e Tommy Lee Jones ne Il matrimonio che vorrei (2012). Qualche anno dopo, eccolo sprizzare entusiasmo nei panni di un combattivo ebreo omosessuale nel commovente Freeheld – Amore, giustizia, uguaglianza (2015, di Peter Sollett con Julianne Moore, Ellen Page e Michael Shannon). E' lui il broker incazzato Mark Baum deciso a fare piazza pulita della merda di Wall Street nel grandioso La grande scommessa (2015, di Adam McKay) e infine presta misoginia e basettoni all'ex-numero 1 del mondo del tennis mondiale Bobby Riggs, oggi, incallito scommettitore ne La battaglia dei sessi (2017) contro Emma Stone/Billy Jean King.

Benvenuti a Marwen (2018, di Robert Zemeckis) scorre su due binari paralleli, disfunzionali e perpendicolari nello steso istante: la sofferenza e l'arte come cura per le proprie ferite. Fare arte però, che si tratti di foto, poesie o che altro, significa vivere, rivivere e vivere ancora i propri demoni peggiori senza venirne mai davvero fuori. Un lenitivo si, ma allo stesso tempo un costante richiamo alle proprie e peggiori sofferenze. E se in parte Mark trova soddisfazione nell'essere aiutato a farsi giustizia, allo stesso tempo precipita con facilità nella melma della propria fragilità. E vivere troppo fuori dalla vita reale, alla fine ti porta a essere ancora più debole e non poter resistere dinnanzi a quelle persone, anche se incarcerate, nemmeno per un secondo.

E' colpa mia, arriva a dire uno sconsolato Mark. Le stesse parole che prima o poi si dice anche l'adolescente bullizzato o la donna stuprata. Ci si prende la colpa di tutto ciò che è accaduto. Ci si prende la colpa per non essere stati in grado di difendersi, o nel caso di Hogancamp, di aver ammesso la sua passione per le scarpe da donna a quegli uomini e dunque aver fornito loro il pretesto per fargli del male. E' colpa mia, dice un Mark in lacrime, alla disperata ricerca di una via d'uscita che alla fine può e dovrà essere una e una unica. Quella più difficile. Quella che gli permetterà di mandare giù fino all'ultima goccia di veleno, e ricominciare da un normale sushi in amichevole compagnia.

Non c'è solo arte e l'ottima resa cinematografica umano-fantastica in Benvenuti a MarwenRobert Zemeckis racconta una storia universale fatta di agnelli e animali rabbiosi. Chiunque abbia subito violenza, fisica e/o psicologica, non dimentica e non dimenticherà mai. La sensazione di abuso scortica la mente come un virus impazzito e senza cura, pronto a riemergere costante e improvviso in tutto il suo più atroce tormento. Talvolta è sufficiente una parola. Un nome, o perfino una persona che ti viene sbattuta sotto il naso da chi avrebbe dovuto proteggerti, come se niente fosse, e in un amen si rivede tutto. Si rivive il dolore. L'umiliazione. Le risate di scherno. Ad accentuare queste sensazioni, la solitudine. Il sentirsi completamente e inesorabilmente in balia dell'oscurità.

Dal dolore non c'è rifugio, solo confronto. Si può perdere o vivere. Qualche giorno fa è stato l'anniversario della drammatica morte di un ragazzo. Era l'8 gennaio 1991 quando un adolescente, bullizzato e ignorato dalla propria famiglia, entrò nella propria classe e si sparò un colpo alla testa, suicidandosi. La sua tragica storia è stata consegnata all'immortalità dai Pearl Jam con la canzone Jeremy. Quel ragazzino non ha avuto nessuno che lo avesse difeso. Quel ragazzino, lui come tantissimi altri coetanei e più grandi, si è fatto inghiottire dal silenzio dell'ignoto senza ritorno. Jeremy W. Delle non è riuscito a costruire la propria Marwen e ritrovare una strada alternativa per ricominciare a vivere.

"Jeremy ha parlato in classe oggi", cantava la rock band americana la cui storia è stata portata sul grande schermo dal regista premio Oscar, Cameron Crowe, nell'intenso documentario Pearl Jam Twenty (2011). Forse Jeremy avrebbe voluto parlare di più e confidarsi ma nessuno lo volle ascoltare. Nessuno volle capire l'incubo che stava vivendo e così oggi lui non c'è più. Jeremy e Mark, due come noi. Potrebbero essere seduti accanto a noi. Taciturni. Chi è la persona seduta accanto a te? Sarà anche lui/lei un Mark Hogancamp? Dovrebbe avere delle cicatrici. Magari ne ha più di una. Forse la persona che ora mi sta guardando negli occhi ha subito qualcosa ed è tempo che il mondo inizi a (ri)conoscerlo e ascoltarlo.

Scritto e sceneggiato dalla medesima mente sopraffina, Robert Zemeckis è tornato a unire attori in carne e ossa con l'elemento fantastico, qualcosa di cui il suo cinema grandioso non può (quasi) mai prescindere. Dall'ormai mitica trilogia di Ritorno al futuro al grandioso Chi ha incastrato Roger Rabbit, passando per gli altrettanto leggendari La morte ti fa bella e Forrest Gump, fino a sbarcare nell'animazione più pura e natalizia di Polar Express (2004) e A Christmas Carol (2009), ritornando poi alla cronaca di Flight (2012), The Walk (2015) e Allied - Una spia nascosta (2016). Adesso è però è tempo di una nuova storia.

Benvenuti a Marwen (2018) ci parla anche del diverso. Il diverso come viene visto l'omosessuale, l'immigrato, il musulmano, la donna in un posto di lavoro a maggioranza maschile o anche e più semplicemente, chi non si comporta come il gregge. Il diverso va eliminato. Il diverso deve essere punito. Non importa cosa sia, in cosa creda, come si vesta, cosa gli piaccia. Deve soccombere. Deve arretrare. Deve conformarsi, con le buone o con le cattive. Con una storia vera e d'innocente riscatto, Robert Zemeckis utilizza tutta la propria ars e poetica cinematografica per imprimere nella sua narrazione il dolore umano della realtà, investendo lo spettatore di riflessioni e combattiva speranza.

Adesso basta con le lacrime. Adesso è tempo di farsi dare il benvenuto a Marwen, guardare in faccia i nostri assassini e dire al mondo intero un'ultima cosa prima di ricominciare davvero: Io sono vivo!


Il trailer di Benvenuti a Marwen

Benvenuti a Marwen - Mark Hogancamp (Steve Carell)
Venezia - Cinema  Rossini, critico cinematografico in azione © Luca Ferrari
Benvenuti a Marwen - Arrivano i nostri!

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