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domenica 30 dicembre 2012

Shelly Webster violentata e uccisa, chi se ne frega

Il corvo - la barbara aggressione contro Shelly Webster (Sofia Shinas)
Il branco ha colpito ancora con le sue armi predilette: la violenza e l'indifferenza. Così iniziava Il corvo, ma qui di giustizieri neanche l'ombra.

di Luca Ferrari

Stupri. Violenze domestiche. C’è chi parla di genocidio ignorato. Oggi il branco sono sei uomini. Il branco siamo tutti noi. Il branco sono quelle religioni che hanno sepolto la voce e il corpo della donna. Il branco è quella storiografia che ignora le vittime civili di sesso femminile tramandando solo i numeri di chi porta il fucile (pene).

Il branco sono tutti quei comuni che permettono a delle minorenni/maggiorenni di vendere il proprio corpo a schifosi porci, spesso nobili padri di famiglia, lasciandole in mano a squallidi aguzzini. Il branco sono quelle aule giudiziarie dove per difendere gli stupratori va in scena la tesi che la donna era provocante. Il branco è qualsiasi spicchio di mondo dove una donna non denuncia una violenza per paura. Il branco oggi sono cinque uomini e un autista. Il branco siamo sempre stati tutti noi.

Il corvo (The Crow - 1994, di Alex Proyas). Shelly Webster (Sofia Shinas) si batteva per una causa, la difesa del proprio palazzo da uno dei tanti progetti di speculazione edilizia. La sua petizione però è diventata una condanna a morte. Durante la Notte del Diavolo gli sgherri del boss malavitoso Top Dollar (Michael Wincott) irrompono nell'abitazione.

Prima ammazzano il suo ragazzo Eric (Brandon Lee) con un colpo alla testa, poi dopo averla pestata per bene, la stuprano. Tutti e quattro. T-Bird (David Patrick Kelly), Funboy (Michael Massee), Skank (Angel David) e Tin-Tin (Laurence Mason). L'annientamento prima dell'assassinio. Un crimine brutale su cui la polizia sceglie di non indagare a parte il coraggioso "sbirro di pattuglia" Albrecht (Ernie Hudson) che sarà perfino degradato per il suo coraggio.

La povera ragazza finisce in sala operatoria per ore ma alla fine il suo cuore cede. E muore. Tutto questo è troppo e dal Regno dei Morti viene concessa a Eric la chance di tornare nel mondo nelle vesti di un giustiziere immortale (o quasi) guidato da un corvo. Adesso forse è tardi per qualsiasi altra strada se non la vendetta.

Il corvo, la vendetta comincia

Il corvo - Eric Draven (Brandon Lee)  inizia la sua vendetta con Tin-Tin (Laurence Mason)

domenica 23 dicembre 2012

Adam freaky Vedder, Nirvana kiss my assa

Adam Sandler storpia la canzone Even Flow imitando il cantante Eddie Vedder (dx)
Agli esordi del successo dei Pearl Jam, il giovane comico Adam Sandler fece un’esilarante parodia del cantante Eddie Vedder al Saturday Night Live.

di Luca Ferrari

Per celebrare il ventennale di una delle band più importanti della storia del rock formatasi i primi anni ’90 a Seattle, il regista Cameron Crowe, che già li aveva in parte diretti per un piccolo camero nel film Singles - L'amore è un gioco (1992), ha diretto il fim-documenario Pearl Jam Twenty (2011), ripercorrendo l'intera carriera della band fino ai giorni nostri.

Non c’è successo che tenga senza un po’ di sana satira. E se i colleghi Nirvana videro la loro Smells like Teen Spirit diventare "Smells Like Nirvana" con un video (e testo) a dir poco esilarante di Weird Al Jankovic, a “conciare per le feste” il cantante dei Pearl Jam, Eddie Vedder, ci pensò il giovane comico Adam Sandler, direttamente dal Saturday Night Live.

Una chicca questa che non poteva certo sfuggire all’attento Cameron, e così ecco Sandler caricarsi col vocione basso di Vedder, demolendo la canzone Even Flow (Ten, 1991) con parole senza senso e chiudendo la prima strofa con Billboard Numero Uno (riferendosi all’album di debutto che era arrivato in testa alla classifica). 

E in un crescendo di occhi sempre più spiritati, altre fuckin’ nonsene words tipo"Covero time magazine" e infine, inspiegabilmente tagliata da Crowe (nel dvd per lo meno), una perla. Prendendo di mira i presunti non buoni rapporti tra Nirvana e Pearl Jam (cosa a dir poco montata e pompata dalla una stampa idiota), Eddie “Adam” Vedder  finisce la performance canora con un’inequivocabile, Nirvana Kiss my assa (trad. Nirvana baciami il culo).

Adam Sandler storpia la canzone Even Flow (Ten, 1991) imitando il cantante Eddie Vedder (dx)
Adam Sandler storpia la canzone Even Flow (Ten, 1991) imitando il cantante Eddie Vedder (dx)
Adam Sandler storpia la canzone Even Flow (Ten, 1991) imitando il cantante Eddie Vedder (dx)
Adam Sandler storpia la canzone Even Flow (Ten, 1991) imitando il cantante Eddie Vedder (dx)
Adam Sandler imita il cantante dei Pearl Jam Eddie Vedder in contrapposizione ai Nirvana
Adam Sandler imita il cantante dei Pearl Jam Eddie Vedder in contrapposizione ai Nirvana

sabato 22 dicembre 2012

Aldo, Carcarlo e Giacomo, Bimbo Gigi Superstar

Bimbo Gigi (Giacomo Poretti)
Aldo Baglio è il bimbo povero. Paolo Hendel è lo spietato Carcarlo Pravettoni. Giacomo Poretti è l’ingordo Bimbo Gigi. Direttore d’orchestra, Gialappa’s Band.

di Luca Ferrari

“Sono brioche. Alla crema, cioccolato, nocciola, gianduia e anche miele” dice l’ingordo e baffuto Bimbo Gigi (Giacomo Poretti) al sempre più affamato bimbo povero (Aldo Baglio), che potendosi solo sfamare delle proprie unghie, chiede umilmente se può avere una pasta.

La risposta non lascia spazio a compromessi, “Eh, mi dispiace. Sono le ultime otto!”. Pagine immortali del piccolo schermo ai tempi del maximo splendore del programma Mai dire gol della Gialappa’s Band (Marco Santin, Carlo Taranto e Giorgio Gherarducci). 

E se quella prima battuta non era che un assaggio, sebbene di estremo gusto, una delle performance migliori il Bimbo Gigi la offrì proprio sotto natale. In compagnia ovviamente del Bambino Povero e del magnate dell’industria Carcarlo Pravettoni, amministratore delegato della Carter & Carter, pronto a dimostrare spietatamente che i bambini ricchi sono più furbi di quelli poveri.

il bimbo povero (Aldo Baglio)
“Non vi sto a dire chi sia il bambino ricco, e chi quello povero. Povero, povero, e francamente anche maleodorante” esordì il ricercato n. 1 della Finanza Italiana, innaffiando il buon bambino povero con il diserbante. A quel punto s’intromette il Bimbo Gigi che sotto le orecchie ammutolite della Gialappa’s Band sentenzia la sua condizione: “La mia mamma è molto ricca, il mio papà pure. Io sono un bambino benestante”.

La parola poi passa a Pravettoni. “Veniamo alla dimostrazione. Che cos’hai qui bambino povero? Uuuuuh, uuuh. Un misero tozzo di pan secco. Tu bambino povero, vuoi regalare questo misero tozzo di pan secco al bambino ricco?” – “Nonostante io con questo tozzo di pane ci mangi una settimana” spiega il piccino sfortunato, “la mia mamma mi ha insegnato a essere generoso e lo do al bambino ricco” –

"Eccolo qua" lo deride Pravettoni, "In realtà mi chiedo, è generosità questa qua? È generosità regalare questa porcheria, e francamente anche maleodorante? E tu bambino ricco, vuoi regalare questa fetta di pandoro natalizio al cui presente bambino povero, puzzolente per giunta?”. “Ma scusa, io sono benestante mica scemo” risponde sfacciato il Bimbo Gigi, facendo con le braccia l’inequivocabile gesto del vaffanculo.

Carcarlo Pravettoni (Paolo Hendel)
In “soccorso” del bambino povero però, arriva incredibilmente Pravettoni che malignamente spiega: “Bambino ricco, questo qui è il pandoro della Carter & Carter, con lo zucchero filato incollato con l’adesivo (il famigerato Pandofix, ndr). Robaccia. Velenoso”. 

Ecco allora il cambio di prospettiva e l'odioso Gigi si fa stranamente generoso. “Senti bambino povero, vuoi mangiare il pandoro?”. Quest'ultimo non fa tempo a metterne in bocca un boccone che subito si sente male. E come se non bastasse, l'industriale affonda il colpo:

“Guardate che scena disgustosa. Quest’ingordigia animalesca. Questo dimostra che i bambini poveri sono meno furbi di quelli ricchi. Esperimento riuscito. E allora buon natale a tutte le fasce di reddito superiore ai 150 milioni annui”.

il bimbo povero (Aldo Baglio) osserva  Alga (Marina Massironi) e il bimbo Gigi
(Giacomo Poretti) che s'ingozzano di brioche mentre lui resta a bocca asciutta

giovedì 20 dicembre 2012

La cavalcata dei miei film di Natale

 Love Actually (2003, di Richard Curtis)
Natale davanti al grande schermo? Ovviamente si. Ma ci sono film e film. E ce ne sono alcuni che anno dopo anno continuo sempre a rivedere.

di Luca Ferrari

Io riparto da qua. Dalle mie personali fondamenta. 10 imperdibili film da vedere e rivedere, finché Natale non ritorni ancora. 
  • Una poltrona per due (1983, Trading Places) – di John Landis con Eddie Murphy, Dan Aykroyd, Don Ameche, Ralph Bellamy, Jamie Lee Curtis. Visto e stravisto. Cult movie per il sottoscritto e il mio collega fotografo Federico Roiter con cui da anni seguo la Mostra del Cinema di Venezia. La frase emblematica, il cameriere Ezra (Avon Long) che ricevuta una misera gratifica natalizia, se ne esce con un epico “5 dollari, magari ci vado al cinema, però da solo” … e subito dopo, sibilando: fanculo! (fantastica la versione spagnola: hico de puta!).
  • Mamma, ho perso l’aereo (1990, Home Alone) – di Chris Columbus, con Macaulay Culkin, Joe Pesci, Catherine O’Hara, John Candy. Lasciato nel dimenticatoio per molto tempo, poi in una gelida sera del 2006, in un mix europeo (insieme a un’amica croata, una slovena e una macedone), quattro pizze fanno da anticamera alla mitica pellicola e ritorna la magia. “si faccia avanti un regista, armato di almeno una mongolfiera e qualche calco fotografico/...  e quale incredibile capacità di trasformismo di due semplici colori di fronte a frullatori arcobalenici... cos’altro mi posso ricordare oltre a dolcissimi sorrisi che confondono la mia padronanza lunare con quello che si vedrà dopo?”… tieni il resto, lurido bastardo!
  • Bufera in Paradiso (1994, Trapped in Paradise) – di George Gallo con Nicolas Cage, Mädchen Amick, Jon Lovitz. La dolce protagonista per cui il buon Bill Firpo (Cage) perde la testa e cambia definitivamente vita, si chiama Sarah e ha i delicati lineamenti della Shelley Johnson del telefilm I segreti di Twin Peaks. Una pellicola legata alla mia storia privata. “non ha molto senso usare un passamontagna per portare lo zucchero caramellato/… ma che ne poteva capire Proust di dolciumi? Una gabbia di neve resterà sempre la sola speranza nella mia mente/…tutte le strade sono aperte”.
  • Serendipity - Quando l’amore è magia (2001) – di Peter Chelsom, con John Cusack, Kate Beckinsale, Jeremy Piven, Molly Shannon. Una delle più belle storie d’amore mai raccontate, con lo sfondo le nevicate della Grande Mela e il natale, all’inizio e alla fine della pellicola. Per chi crede ancora al romanticismo e che l’amore non sia solo un’invenzione del Cinema ma pretende di viverlo nella propria vita, “quelle penne nere non ci hanno mai abbandonato…cos’è poi che non saremmo in grado di generare/… pensieri,  desideri,  emozioni, scelte...Un po’  il Tempo del Sogno/… vado a frazioni rallentate perché quello che voglio è arrivare lì insieme…e non  mi sorprende sapere che la spada della nostra dolcezza più contenuta ha trovato spazio in una visione i cui arretrati si fanno sempre desiderare al momento di sentirvi amorevolmente vicini”.
  • The Family Man (2000) – di Bret Ratner, con Nicolas Cage, Tea Leoni, Don Cheadle. Cage sublime. Spietato businessman si ritrova catapultato in una dimensione familiare di provincia. Il suo sguardo sotto la nevicata è da pelle d’oca. “Cosa posso fare   per convincermi che sono sempre stato amato? Non ho ancora visto che cosa potremmo essere insieme, e se io scegliessi oggi domani potrei anche riuscire a sognare/… il campanello della bicicletta ti pensa e guarda anche quando non dormi,  anche quando non sei innamorato”…
  • The Polar Express (2004) – di Robert Zemeckis, con Tom Hanks. Una grossa pecca averne mancato la visione al cinema. E in effetti è un film che ho visto molto tempo dopo. Però la sua magia è indiscutibile. Talmente potente da meritarsi la poesia È una cosa magica, che fine ha fatto?, pubblicata nel libro Frenetica Storia Infinita (2004, La Versiliana Editrice): “… può esistere un’unità di misura per le meraviglie o per le lusinghe d’inverno?…vedo così tante tazze vuote che solo il più improbabile dei viaggi al Polo Nord/ saprebbe spingermi a salire sul tetto di un treno/, per aspettare che un angelo/ si avvicini e mi offra una cioccolata calda”.
  • La neve nel cuore (2005, The Family Stone) – di Thomas Bezucha, con Sarah Jessica Parker, Clair Danes, Luke Wilson, Diane KeatonRachel McAdams. È iniziata l’era veneziana del cinema da più di un anno ormai, e martedì 7 febbraio 2006 sono al Palazzo di Mestre per assistere a una dolce commedia tra incontri/scontri di un cosmo familiare hippy, con cui la snob acidula e inizialmente decisa Meredith (S. J. Parker) arrivata come futura sposa del primogenito Everett (Dermot Mulroney), inciampa fino a un dolce e condivisibile epilogo.
  • L'amore non va in vacanza (2006, The Holiday) – di Nancy Meyers con Jude LawCameron Diaz, Kate Winslet, Jack Black, Eli Wallach. Sarà che ho sempre adorato gli estremi incontrarsi. Io sono quello capace di creare cassette con insieme Mariah Carey e i Megadeth, e oggi playlist con Spice Girls e Pearl Jam. Sarà che vedere un'incasinata mangia-uomini holliwoodiana scambiarsi di casa con un’insicura inglese, diventare amiche e alla fine giorie del rispettivo trionfo nei sentimenti con due persone meritevoli (un Jude Law tenerissimo nella parte di un giovane vedovo con due bimbe al seguito), mi ha sempre infuso speranza e serenità. Sarà che è l’ultima commedia sentimentale natalizia degna di questo nome, e riesce a far trionfare la poetica della campagna innevata britannica su tutta la frenesia del mondo moderno, anche senza rinunciarvi.
  • A Christmas Carol (2009) – di Robert Zemeckis, con Jim Carrey, Gary Oldman. Giovedì 14 gennaio 2010 assisto per la prima volta a un film in 3D. Natale è passato da più di tre settimane ma non fa differenza. Sono uno dei pochi spettatori all’ultima proiezione dello spettacolo serale al cinema Excelsior, e sebbene con l’avvicinarsi della mezzanotte, il mio occhio tenda a crogiolarsi nel tepore della sala cinematografica mestrina, non si può non restare incantati da un regista che ha votato la propria cretività alla più nobile delle arti: far sognare l’uomo… “sembra che l'ultima lettera sia stata giudicata indigesta a chi non ha mai eseguito tre dichiarazioni di canti/... è stato un ritardo quasi non credibile visto lo scrigno da cui non mi sono mai separato/... ci sarà mai posto per gli uomini nuovi nel vecchio mondo?...è sempre quello in cui viviamo...i pesi che avvinghiano la superficie dei nostri desideri nutre ancora quel vuoto che si appiccica sulle suole quando non siamo più in grado di far circolare un primitivo incontro fra carezze/... perché fuori non c'era nessuno che imprimesse al ghiaccio lontano una strada con cui confrontarmi fino a dove voglia arrivare/... non me lo so ancora troppo spiegare”.
  • Dickens - L'uomo che inventò il natale (2017, di Bharat Nalluri con Christopher Plummer, Dan Stevens, Jonathan Pryce). Può un libricino di poche pagine cambiare il corso di una vita, o più di una? La risposta è sì, ancor di più se di mezzo c'è al festa per antonomasia dove tutto è possibile: il natale. Un'ispirazione sgorgata dai vicoli più oscuri della propria più rivoluzionaria immaginazione. Un'ispirazione che dovrà fare i conti con le lacrime abbandonate del proprio passato. Un'ispirazione che troverà la forza di mutare il corso della vita e della storia, imparando dalla dolcezza di chi ci sta accanto.
La neve nel cuore (2005, di Thomas Bezucha)
The Family Man (2000, di Bret Ratner) con Nicolas Cage, Tea Leoni, Don Cheadle
Serendipity (2001) - Sarah (Kate Beckinsale) e Jack (John Cusack)

Hugh Grant, Strong Actually

Love Actually - il Primo Minsitro Dave (Hugh Grant) e il presidente degli Stati Uiti (B. B. Thornton)
Nessuno può venire a casa tua e fare come gli pare, offendendo e pretendendo. La pensa così anche il Primo Ministro Inglese Hugh Grant di Love Actually.

di Luca Ferrari

Il presidente degli Stati Uniti (Billy Bob Thornton) è stato troppo abituato a fare come gli pare nelle trasferte britanniche. Adesso però a Downing Street c'è un homo novus. Il giovane single Primo Ministro David (Hugh Grant). Da un'iniziale prudenza e accondiscendenza, passa alle maniere forti. Guai a toccargli gli affetti (Love Actually, 2003 di Richard Curtis) più cari. 

"Mi piace la parola rapporto, vale per ogni tipo di peccato, vero?" scherza deciso David, "Ma temo che il nostro sia divenuto un rapporto sbilanciato. Un rapporto basato sul fatto che il presidente si prende tutto quello che vuole. Ignorando con grande tranquillità le cose che sono molto importanti per noi. La Gran Bretagna. Saremo pure un paese piccolo, ma siamo anche grandi. 

Siamo la patria di Shakespeare, Churchill, dei Beatles, di Sean Connery, di Harry Potter. Del destro di David Beckham. E anche del sinistro di David Beckham. E un amico che fa il prepotente con noi, non è più un vero amico. E visto che i prepotenti capiscono solo le maniere forti, d'ora in avanti sarò propenso a usare di più la forza. E il presidente dovrà aspettarselo".

Love Acutally - il mitico discorso del Primo Ministro

Love Actually - il Primo Minsitro Dave (Hugh Grant) e il presidente degli Stati Uiti (B. B. Thornton)

mercoledì 19 dicembre 2012

Twin Peaks riposa nel dolore

I segreti di Twin Peaks - Riposa nel dolore - il pianto disperato di Leland Palmer (Ray Wise)
Nella quarta puntata della serie I segreti di Twin Peaks è giunto il momento di celebrare il drammatico funerale della giovane Laura Palmer, brutalmente uccisa.

 Luca Ferrari 

“Sorge il sole sopra Twin Peaks. La fitta coltre di nebbia e neve pare dissolversi. È un disgelo o la quiete prima di una nuova tempesta? Che i raggi di questo sole siano solo strumentali a rendere la scena dei funerali di Laura Palmer più chiara che mai? Perché certo la scena centrale di questo nuovo episodio, Riposa nel dolore (Rest in Pain), sono proprio le esequie dove tutta la comunità della cittadina nordamericana s è presente tra sguardi, sospiri e parole. Un codice da osservare attentamente ed eventualmente interpretare”.

Laura Sogos torna ancora una volta su Cineluk. Puntata dopo puntata, la sua analisi esce dalla narrazione Lynchana per mostrarci ciò che la telecamera del regista di Missoula, talvolta lascia solo, diabolicamente, immaginare. O alla peggio, presagire.

Laura ha gettato via da un pezzo l’asta per equilibrarsi nel vuoto dei demoni di provincia. E lei, decisa a calpestare ogni sopravvalutata Armageddon, indaga. E le sue impronte sono visibili nei sentieri che circondano questo mondo. Perché anche se conosciamo ogni aspetto di una realtà, piccola o grande che sia, nessuno può essere certo di ciò che sta accadendo tra le gelide fiamme dell’isolamento violento che assale ciascuno di noi.

“Si è in equilibrio su una fune tesa sopra l'ignoto, tra la luce e la tenebra. Ma quale è la direzione giusta in una vicenda e in un luogo che sembrano non avere nulla di certo? Inquietanti sensazioni appena avvertite si concretizzano e per questo spaventano ancora di più.  Un passo indietro prima di proseguire. L’agente Cooper (Kyle MacLachlan) scende a far colazione dopo il sogno rivelatore e nella sala lo attende la giovane inquieta Audrey Horne (Sherilyn Fenn).

Un carrellata dalla testa ai piedi della ragazza. Dettagli cromatici caratterizzano più di mille parole; maglione e scarpe rosse. “L’incrinatura a destra della scrittura rivela una natura romantica, un cuore ardente, stai attenta” le dice il prodel agente dell’FBI. Una conferma, dal chiarificatore designato, ma come non sapere che il rosso è proprio il colore della passione e dell'amore?

Ancora una volta la stravagante Audrey dà il suo apporto all'indagine, non solo indirizzando tramite quel biglietto che si era visto precedentemente infilare sotto la porta dell'agente Cooper, all'ambiguo One Eyed Jacks, ma correlando Laura e Ronette (Phoebe Augustine), entrambe dipendenti del losco padre ai magazzini Horne, nel reparto profumeria. Una coincidenza che le due ragazze abbiano poi condiviso anche la brutalità di una violenza ancora senza esecutore?

Comunque per l'agente Cooper sarà una mattinata meravigliosa, come dice a Lucy (Kimmy Robertson) e allo sceriffo Truman (Michael Ontkean), che l'hanno raggiunto per colazione, prima di raccontargli del sogno. È semplice, è un codice. Decifrato il sogno, risolto il caso! È un novello Candide l'agente Cooper, convinto di vivere nel migliore dei mondi possibili, dove tutto si risolve con scienza, logicità e metodo.

Reggeranno le sue certezze, o prima o poi inciamperà e cadrà anche lui nel baratro dell'ignoto? Per adesso ciò che si vede è la sua convinzione nell’aver ritrovato valori che pensava non esistessero più: onore, decoro e dignità. Questi i termini che usa per descrivere Twin Peaks, una cittadina dove l'omicidio non è un fatto abituale e il delitto non rientra nella statistica da aggiornare ogni sera.

L'agente Cooper sta diventando uno di loro, tant'è vero che nella rissa tra il suo rude collega Albert Rosenfield (Miguel Ferrer), il Dott. Hayword (Waren Frost) e lo sceriffo Truman, non esiterà a schierarsi dalla parte dei cittadini di Twin Peaks, minacciando ripercussioni su Albert, e addirittura interessandosi alle condizioni di acquisto di una casa per trasferirsi in questa cittadina definitivamente.

Se il tempo pare mite, le indagini sembrano invece congelate. Gli unici dettagli significativi che si aggiungono con l'autopsia, sono segni d’unghia sulla spalla e sul collo di Laura, probabilmente di natura animale che non umane. Nel suo stomaco invece si trovava un pezzo di plastica con una J, ancora. Non produrrà alcun risultato concreto nemmeno il breve colloquio tra l'agente Cooper, lo sceriffo e Leo Johnson, che interrogato su Laura, mentirà dicendo di conoscerla solo perché tutti la conoscevano. Procede invece in accelerazione la tragica follia che ha invaso casa Palmer, nel cui mondo sconvolto irrompe inaspettata Maddy (sempre l'attrice Sheryl Lee), cugina e quasi clone di Laura.

È una scena corale quella del funerale, fino a questo momento si è assistito alla preparazione dei partecipanti. La perfetta famiglia Briggs. La riunita coppia Ed e Nadine, la famiglia Horne al completo. Cooper e lo sceriffo. Tutto il resto della cittadina si ritrova al cimitero, davanti a quella bara che anche lo spettatore è costretto a osservare. Ma anche in questo momento di cordoglio, un urlo riapre il mondo della violenza, dell'orrore e della follia.

Bobby squarcia di nuovo quell'equilibrio sempre così instabile, “Maledetti ipocriti! Siete rivoltanti! Tutti sapevate che Laura era nei guai, ma nessuno ha fatto nulla. Volete sapere chi l'ha uccisa? Tutti voi, anzi tutti noi. E  le preghiere non la riporteranno in vita, anzi lei ne riderebbe”. Da qui una nuova rissa tra Bobby e James. Poi, la scena di un pathos indescrivibile: Leland Palmer si getta sulla bara di Laura e viene trasportato su e giù per la fossa sotto gli occhi increduli dei cittadini e di quelli disperati della moglie Sarah. Lo stesso Leeland che si ritroverà a fine puntata in preda di nuovo ad un delirio "che lo fa ballare"...

“Twin Peaks è lontana dal resto del mondo ed è per questo che ci piace, ma c'è anche il rovescio della medaglia, come in tutte le cose, forse il prezzo che paghiamo per vivere qui. C’è una specie di malattia nell’aria. Qualcosa di molto strano tra questi vecchi boschi. Una maledizione. Una presenza che è stata tenuta lontana da tempo immemorabile e noi siamo sempre pronti a combatterla”, certo lo sceriffo Truman e gli altri membri della società segreta Bookhouse (Big Ed, Hawk, James e altri ancora) non si riferiscono ai traffici di cocaina tra il Canada e Twin Peaks, in cui sono coinvolti i fratelli Reanauld e Leo Johnson.

Hanno più a che vedere con quella sensazione che accada qualcosa di orribile, come dice Josie (Joan Chen), o che l'orribile sia in noi. “Sono una persona terribile. Faccio finta di non esserlo ma lo sono”, dice il dott. Jacobi. E se per Cooper i sogni sono frutto di reazioni chimiche, per il nativo agente Tommy Hawk (Michael Horse), i sogni hanno anime che vagano anche nella terra dei morti ed è forse proprio per questo motivo che sembrano aiutare più di ogni indagine frutto di prove logiche...

Salute impaziente. Imprudente. Bella. Aggraziata. Ribelle Laura. Rest in pain”.

I segreti di Twin Peaks - Riposa nel dolore - l'agente Dale Cooper (Kyle MacLachlan)
I segreti di Twin Peaks - Riposa nel dolore - Madelaine "Maddy" Ferguson (Sheryl Lee)
I segreti di Twin Peaks - Riposa nel dolore - Bobby  Briggs (Dana Ashbrook) al funerale di Laura
I segreti di Twin Peaks - Riposa nel dolore - il pianto disperato di Leland Palmer (Ray Wise)
I segreti di Twin Peaks - Riposa nel dolore - ... calano le tenebre su Twin Peaks

lunedì 17 dicembre 2012

Christopher Nolan, l’attacco dei cloni

L’invasione dei Cinecomics inizia a farsi ossessionante. Fino a una decina d’anni fa ne usciva qualcuno, adesso ne stanno già programmando per tutto il decennio. 

di Luca Ferrari

Il rischio è un overdose, la noia e soprattutto sceneggiature non all’altezza (come si è già visto). L’aspetto però più sorprendente, e sconcertante, di questa caccia al personaggio coi superpoteri, sono i costanti riferimenti che registi e attori fanno su riviste specializzate dei loro prossimi film all’atmosfera oscura in stile The Dark Knight di Christopher Nolan, come se fosse un vanto copiare o quanto meno garanzia di facili incassi. 

Il nuovo nemico di Tony Stark nel terzo capitolo di Iron Man (2013, di Shane Black) è il Mandarino (Ben Kingsley), paragonato al Bane (Tom Hardy) di The Dark Knight Rises (2012, di Christopher Nolan). Lo stesso Nolan, cavalcando evidentemente una linea che paga, ha già lanciato il nuovo Superman in veste di produttore, L’uomo d’acciaio (2013) che in inglese lo si potrebbe cambiare in Dark Man of Steel, affidandosi alla regia a Zack Snyder (300, Watchmen).

Oltre alle suddette pellicole, sono in arrivo altre clonazioni di atmosfere "vagamente" già sentite, come per il secondo capitolo del dio del tuono (2013, Thor - The Dark Word), The Lone Ranger (2013, di Gore Verbinski con Johnny Depp e Armie Hammer) e avanti di questo passo, ipotizzo un prequel di Legally Blonde, magari con Elle Fanning nella parte di una giovanissima Elle Woods (Reese Whiterspoon) che si scopre avere avuto un’adolescenza da punk totally black dressed prima del rosa.

Che l’omologazione sia la chiave del successo e della popolarità, è palese e non solo nel campo cinematografico. Ma ultimamente la cosa sta diventando ridicola. L’esercito di prequel, sequel, remake è impressionante. Per non parlare delle stesse versioni in 3D. 

Rivedere un film di 30 anni fa al cinema (vedi il recente Ritorno al Futuro) ha il suo fascino. Rivederne uno di tre anni fa semplicemente traboccante di (…) effetti visivi è mero sciacallaggio. E pollo il pubblico, che apre il portafogli alimentando questo esercito dei cloni, lasciando poi le sale vuote per pellicole che meriterebbero ben più attenzione.

venerdì 14 dicembre 2012

Di nuovo in Eastwood

Di nuovo in gioco - Mickey Lobel (Amy Adams)
Clint Eastwood lascia telecamera e si lascia dirigere dal fido Robert Patrick in Di nuovo in gioco al fianco di Amy Adams e Justin Timberlake.


La vita. Il lavoro. Il cuore. Tutto e sempre, in un’unica e sempre nuova partita quotidiana. Quell’America romanticamente d’azione umana ha un debole per i suoi personaggi più “emozionalmente indisponibili”. Quando poi, ai tormenti mai espressi fino allo sbotto finale, viene affiancato il grande paesaggio on the road condito da una salsa sportiva mai invadente, il risultato è quello auspicato. Nessun capolavoro (e non è cercato), ma un blues familiare con cui ricominciare. Di nuovo in gioco (2012, di Robert Patrick).

Gus Lobel (Clint Eastwood) è un settantenne scout degli Atlanta Braves, squadra di baseball militante nella Major League. Il rampante e computerizzato Phillip Sanderson (Matthew Lillard) vuole fargli le scarpe non perdendo mai occasione per denigrarne gli obsoleti metodi davanti al loro capo Vince (Robert Patrick). Dalla parte di Gus c’è il responsabile degli scout, Pete (John Goodman). Burbero e non troppo avvezzo a parole dolci, decisamente Kowalskiano (leggasi Gran Torino), Gus ha una figlia: Mickey (Amy Adams).

Dopo la morte della moglie quando era ancora piccola, è stato con lei poche volte. Prima mandandola da zii, poi in collegio. Eppure quella vita nomade un po' nomade tra campi sportivi, alla giovane Mickey, non dispiaceva per niente, come lei stessa gli spiega stizzita, Passare ogni singolo momento con mio padre, guardare il baseball. È stata la più grande ricchezza della mia vita. Il rischio cecità dell'ormai anziano geintore, porterà la giovane Lobel a prendersi un break dallo studio di avvocati dove lavora, in un momento cruciale per la propria carriera (prima donna a diventare socia). Vola in Nord Carolina per aiutarlo a fare il suo mestiere. Sarà la volta per tirare fuori tutte le incomprensioni?

Gus è un guerriero ammaccato e stanco. Piange ancora la perdita della sua amata Joanna dinnanzi alla lapide, bevendo birra e preparando un bicchiere anche per lei. Si lascerebbe andare all’incalzare della malattia se non fosse per un buon amico preoccupato e una figlia indipendente che dentro di sé rimpiange un po’ quell’aria aperta e scomoda di un tempo, ora abbandonata per necessità (mentale) di vita con estenuanti no-stop di lavoro, sabato inclusi. Usa la testa, ma non dimentica mai ciò che ha dentro.

Anche lei vorrebbe esprimersi di più. Ci vuole un principe azzurro per ridarle un po’ il gusto della terra sulle mani. E allora arriva lui. Johnny Flanagan detto “La Fiamma” (Justin Timberlake). Mica un vincente. Promessa del baseball, diventato "ex" molto presto, e così finito a fare anch’esso il talent scout (per i Red Sox). Il suo approccio ancora genuino lo portano a fare breccia nei modi respingenti della ragazza. E alla fine è proprio lei a invitarlo a ballare il clogging, una sorta di danza country che lui apostrofa con le parole, dalle mie parti ti rinchiuderebbero se lo facessi.

Mettersi ancora in gioco può essere la soluzione giusta, ma per la stessa vita di prima, o è ora di cambiare qualcosa? Voglio davvero il mio nome sulla porta? Un padre e una figlia ricominciano dalle competenze dei giorni vissuti insieme. Fanno nuovamente notizia. E non sono gli unici ad averlo capito.

Di nuovo in gioco - Gus Lobel (Clint Eastwood) e la figlia Mickey (Amy Adams)
Di nuovo in gioco (2012) - Gus Label (Clint Eastwood) davanti alla lapide della moglie
Di nuovo in gioco (2012) - Johnny (Justin Timberlake) e Mickey (Amy Adams)

giovedì 13 dicembre 2012

Mostra del Cinema 69, Venice in Seul

Bella Addormentata - Pallido (Pier Giorgio Bellocchio) e Rossa (Maya Sansa)
Dopo aver "sconfinato" in Brasile, Cina e Russia, la Mostra del Cinema sbarca anche in Corea del Sud con la rassegna Venice in Seul.

Dal delicato tema dell’eutanasia portato sul grande schermo da Marco Bellocchio al mistero sulla morte di Enrico Mattei, di cui Francesco Rosi girò una celebre pellicola nel 1972. Dal disagio giovanile firmato Francesca Comencini a due dei più celebri classici degli anni ’50 e 60’. Il cinema italiano visto e ammirato alla 69° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica sbarca in Corea del Sud per la rassegna Venice in Seul (12 dicembre 2012 - 6 gennaio 2013).

Il progetto culturale di promozione e diffusione del cinema italiano del mondo avviato dalla Biennale di Venezia prima in Brasile e successivamente in Cina e in Russia, si arricchisce dunque di una nuova meta, proprio nell’anno in cui il Leone d’oro della 69. Mostra è stato attribuito al film Pieta del maestro del cinema coreano Kim Ki-duk.

Venice in Seoul, organizzata dalla Biennale in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura a Seul e con la Cineteca di Seul, presenta una selezione significativa di film italiani della 69. Mostra di Venezia 2012 (29 agosto - 8 settembre), nonché una selezione della retrospettiva 80! realizzata in occasione dell’80° anniversario della Mostra, con film presentati nel corso delle precedenti edizioni scelti in base a criteri di rarità, utilizzando e restaurando le copie delle Collezioni dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale (ASAC). 

Per la sezione Venezia 69 saranno presentati: Bella Addormentata di Marco Bellocchio, È stato il figlio di Daniele Ciprì e Un giorno speciale di Francesca Comencini.

Per la sezione Orizzonti, spazio a Gli equilibristi di Ivano de Matteo, L’intervallo di Leonardo Di Costanzo e Low Tide di Roberto Minervini.

Per la sezione Venezia Classici, le quattro pellicole: Camicie Rosse (1952, di Goffredo Alessandrini). Il Caso Mattei (1972, di Francesco Rosi). Porcile (1969, di Pier Paolo Pasolini) e Stromboli (1950, di Roberto Rossellini). 

Proiezioni speciali, Convitto Falcone di Pasquale Scimeca.

E infine per la sezione 80!: Ahora te vamos a llamar hermano di Raoul Ruiz (Cile, 1971). Il brigante di Renato Castellani (Italia, 1961). Dieu a besoin des hommes di Jean Delannoy (Francia, 1950). Free at Last di Gregory Shuker, James Desmond e Nicholas Proferes (Usa, 1968). Genghis Khan di Manuel Conde e Salvador Lou (Filippine, 1950). Pagine chiuse di Gianni Da Campo (Italia, 1968). Poslednjaja noc’ (L’ultima notte) di Julij Jakovlevic Rajzman (Urss, 1936). Pytel blech (Un sacco di pulci) di Vera Chytilová (Cecoslovacchia, 1963) e Zablácené mesto (La città nel fango) di Václav Táborský (Cecoslovacchia, 1963).

Mostra del Cinema 2012, la madrina Kasia Smutniak arriva al Lido © La Biennale di Venezia - ASAC
Mostra del Cinema 2012, il regista sudcoreano Kim Ki-duk vince il Leone d'Oro © La Biennale di Venezia - ASAC

mercoledì 12 dicembre 2012

Twin Peaks, tornerò a uccidere

I segreti di Twin Peaks - Bob (Frank Silva)
Il mistero s'infittisce sempre più a Twin Peaks. Cercare indizi nella realtà non basta. A sostegno dell'agente Cooper intanto, arriva un team di impeccabili ma freddi esperti.


Sospese rivelazioni oniriche. Montagna dopo sassolino, il lento sfarinare di segreti si fa percettibile a sempre più convergenze. I confini di Twin Peaks si allargano con parentesi ricurve dove nemmeno la notte è più capace di dormire. David Lynch non sa che farsene delle paure altrui. Anche lì dove una serena cenetta familiare prova a ricomporre fili impercettibili di verità, qualcosa di maligno sta brillando nascosta. Batte potente e sferzante. 

Le lezioni all’aria aperta dell’agente Cooper, scandite come sempre dall’odore delle paste, puntano a togliere sempre più fronde dalla matassa. Ci vuole applicazione e deduzione. Qualcuno intanto ha iniziato a correre. Se ne sente l’affanno. Lo si guarda dal di dietro una canna di fucile. E l’odore delle unghie senza più smalto allarga la collettiva tinozza di sangue. La minaccia/promessa è stata giurata. L’assassino è pronto a essere rivelato.

Come prosegue adesso la storia, Laura Sogos? Lo zen oppure l'abilità di catturare un killer

“Sconfinamento. Andare oltre. A livello fisico e metafisico. La puntata si apre sul ritorno di Jerry Horne (David Patrick Kelly), fratello di Benjamin e sulla loro fame. Sono due viziosi per eccellenza. I fratellini Horne, voraci nell'addentare specialità culinarie francesi così come nel “provare” una nuova arrivata all'ambiguo One Eyed Jack. Seguendone gli appetiti, si oltrepassa un confine fisico, perché il rinomato bordello sta in territorio canadese, e nel contempo uno morale, lasciando intendere la loro assidua presenza a casinò e case di tolleranza. 

Ma c’è chi, pur con modi ancora poco chiari o univocamente interpretabili, sta sentendo che c'è qualcosa di strano nel ricco Horne, ed è la figlia Audrey, che getta il seme di quello che sarà un sodalizio investigativo. Parlando con Dana e rivelandole un particolare, cioè che Laura e suo padre cantavano spesso assieme. Perché?

Lo sconfinamento incalza, penetrando nel territorio dell'onirico e quindi nella dimensione più oscura dell'inconscio. Ed è ovviamente l'agente speciale Dale Cooper a essere il protagonista in questo campo. La vida es sueno, diceva il drammaturgo spagnolo Pedro Calderon de la Barca (1600-1681), ma in questo caso è molto più calzante l'interrogativo marzulliano, la vita è sogno, o sono i sogni che aiutano a vivere meglio? In questo caso sono i sogni che dirigono l'attività investigativa e che porteranno, se bene interpretati, alla risposta tanto agognata: chi ha ucciso Laura Palmer?

È grazie a un sogno sul Tibet che l'agente Cooper dichiara di aver acquisito i fondamenti di una tecnica deduttiva di coordinazione mente-corpo che nell'insieme agisce a un più profondo livello di intuizione, e come sempre avrà ragione. Seppur non evidentemente. “Sono nervosa, incontrerò J stanotte” scriveva nel diario Laura la sera della morte. Ma chi è questa J? La sua vita è piena di questa lettera, eppure solo una spaccherà la famosa bottiglia: Leo Johnson, l'unica J di cui non si possa specificare in quale rapporti fosse con Laura.

Lo spettatore odia questo losco figuro, e come se non bastasse il fatto di essere un violento, lo ritroviamo nel bosco con Mike e Bobby a risolvere questioni di droga. Proprio là, in quel contesto avulso dal discorso, dirà: Laura era una ragazza imprudente. Ma come può dirlo? Che cosa sa? Nel frattempo a Twin Peaks è arrivato l'agente dell'FBI, Albert Rosenfield (Miguel Ferrer, il Bob Morton di Robocop), poco incline alla gentilezza, arrivando perfino a definire senza la piccola cittadina, "un merdaio". 

Le vite degli abitanti intanto continuano sempre più a incrinarsi, e a sfuocarsi. Come non dire della follia pervadente la casa dei Palmer, con quella scena struggente dove il padre Leeland balla con la foto della figlia tra le urla della moglie Sarah, o delle guide per tende di Nadine (Wendy Robie), personaggio che avrà sviluppi davvero incredibili. E infine del matrimonio retto solo dalla diffidenza tra Pete e Cathrine, la scoperta dei doppi registri tenuti da quest'ultima ai danni dell'odiata cognata Josie.

Calo il sipario su una giornata. Dale dorme, ma a un tratto un lampo, e si entra nel sogno dell'agente. Un uomo senza un braccio, forse quello di cui parlava l'agente Hawk, narra di come abbia conosciuto il maligno. Di come abbia sacrificato il suo arto piuttosto di farsi possedere. Rivela di chiamarsi Mike e lui, il demonio, Bob (Frank Silva), quell'essere che la madre di Laura vede in casa sua e che a gran voce grida la sua sete di sangue. 

Ci si ritrova così in una red room, con delle pesanti tende rosse immerse in una luce del medesimo colore. Una sorta di spazio scenico ben definito, con il pavimento a scacchi. Un dettaglio? Assolutamente no. Si capirà poi, in compagnia dell'agente Cooper di molto invecchiato, ma soprattutto di un nano (Michael J. Anderson). Anch'esso vestito di rosso e di Laura, forse.

Il nano, personaggio straordinario, chiave di volta dell'indagine, ma criptico. Viviamo in un posto dove gli uccelli cantano un radioso motivo e c'è sempre musica nell'aria, e poi lei è piena di segreti, rivolto alla look like Laura, dice. E mentre si allontana danzando, Laura bacia Dale e gli svela all'orecchio i suoi segreti, o almeno così pare...

So chi ha ucciso Laura. So, let's rock agente Cooper"...

Lo zen oppure l'abilità di catturare un killer - l'agente Dale Cooper (Kyle MacLachlan)
i fratelli Jerry (David Patrick Kelly) e Benjamin Horne (Richard Beymer) all'One Eyed Jacks
Benjamin Horne (Richard Beymer) all'One Eyed Jacks
Bobby (Dana Ashbrook) terrorizzato da Leo (Eric Da Re)
lo sprezzante agente FBI, Albert Rosenfield (Miguel Ferrer)
l'agente Dale Cooper (Kyle MacLachlan) dorme...
l'agente Dale Cooper (Kyle MacLachlan) e il nano (Michael J. Anderson)

martedì 11 dicembre 2012

Carcarlo Pravettoni, e il Natale s'impenna

Mai dire Lunedì '96 - Carcarlo Pravettoni (Paolo Hendel)
Anche a Natale il cinico Carcarlo Pravettoni (Paolo Hendel) mette sottosopra il mercato. Ecco il pandoro Pandofix, con lo zucchero a velo incollato sopra.

di Luca Ferrari

“Si avvicina a grandi passi il giorno di Natale. Tin tin tin. Tin tin tin. Il natale, questa festa così natalizia, unica nel suo genere. L’alberello. Il presepino. I regalini con i tanti fiocchettini. Una tragedia di dimensioni planetarie, diciamo la verità”. Esordiva così, il magnate dell’industria Carcarlo Pravettoni (Paolo Hendel) in una epica puntata di Mai dire lunedì andata in onda il 16 dicembre 1996, come sempre orchestrata con suprema maestria dal trio della Gialappa's Band.

Ecco, il fatto di farci quattrini a palate è l’unico aspetto ancora puro e poetico di questo grandissimo rompimento di coglioni. Ma veniamo al punto" continuava l'immortale Carcarlo dal pulpito del suo ufficio, "Da un nostro recente sondaggio risulta che ben il 60 per cento dei regali di natale non sono graditi a chi li riceve. Mentre invece il restante 40 sono delle cagate. 

Basta buttare via soldi con regali inutili. Noi abbiamo la soluzione. La Sorpresissima della Carter & Carter. Venite nei nostri negozi specializzati e scegliete un bel regalo, mettiamo per la zia Evelina. La sorpresissima è che non appena la cara zietta apre il regalo, lo scarta, lo vede e vi ringrazia, pum, glielo portate via e ce lo ridate a noi. È il regalo a noleggio. E risparmiate un sacco di soldi. E la zia Evelina è contenta, quella rompiballe!".

Unico, inimitabile, cinico come nessuno. Una figura quella di Pravettoni che per noi ingenui ventenni dell'epoca ci sembrava fosse impossibile che nella realtà potessero esistere farabutti di tal portata. idea questa che nel corso degli anni futuri avremmo cominciato a ricredere. Pravettoni, uno uomo che non ama le interviste perché non capisce le domande. Pravettoni, più politically scorrect che non si può. Pravettoni, la cui superba incarnazione del comico toscano Paolo Hendel lo ha reso un personaggio insuperabile-

"Abbiamo altre idee, noi della Carter & Carter. Il pandoro!" continua nel suo inimitabile racconto dei propri prodotti il magnate molto noto alla Guardia di Finanza, "Il pandoro sbriciola, sporca. Ha questo zucchero a velo che sfarina dappertutto. Da oggi basta! Noi vi proponiamo Pandofix, il pandoro testato nella galleria del vento. Lo zucchero a velo viene fissato con un collante ultraresistente. A prova di tromba d’aria. 

Se qualcuno poi volesse insinuare che il nostro prodotto fosse tossico. Tossico?!? È velenoso! L’importante però è non scrivercelo sulla confezione. Fuori luogo sarebbe scrivere sul pandoro a natale, attenzione pericolo di morte. Sarebbe di cattivo gusto. Poi la gente si suggestiona. A volte basta un niente per sciupare quell’atmosfera natalizia".

E che dire dell’alberello di natale? L’albero a cui tendevi la pargoletta mano. Ogni anno c’è l’eterna questione. Albero finto o albero vero? Albero finto o albero vero? Albero finto o albero vero?  Noi non abbiamo dubbi: l’albero vero, no! L’albero vero sporca, punge e ti complica la vita. Evitare il disboscamento sarebbe il meno. Il fatto è che la natura sporca. Puzza la natura. Ma vogliamo mettere piuttosto con il nostro abetello Nagasaki della Carter & Carter?

L’albero di natale in cemento armato trattato al plutonio. Ooplah, il gioco è fatto. S’illumina da solo. Ci metti accanto il cappone e si accende in un secondo. Occhio alle mani perché ce le lasci. Ci passi davanti, e tah, ti fa la radiografia e, finite le feste, lo butti nella stufa e ti riscalda la casa per 5.000 anni consecutivi, pensa un po’! Certo che è radioattivo, grazie al cazzo, sennò come farebbe a scaldarti la casa per cinquemila anni consecutivi.

Alberello Nagasaki, buon natale a tutti… tin tin tin tin".

Mai dire Lunedì '96 - Carcarlo Pravettoni (Paolo Hendel)
Mai dire Lunedì '96 - Carcarlo Pravettoni (Paolo Hendel)
Mai dire Lunedì '96 - Carcarlo Pravettoni (Paolo Hendel)
Mai dire Lunedì '96 - Carcarlo Pravettoni (Paolo Hendel)