Spazi sconfinati. Esistenze su quattro ruote in fuga dalle tenaglie dell'economia. La poetica umana si è fatta struggente banalità dell'essere. Nomadland (2020, di Chloé Zhao).
Gli spazi sconfinati degli Stati Uniti. Vagabondi, ma non reietti. Senza una casa, ma non senza un tetto. Le carovane dei nomadi moderni hanno abbandonato le proprie abitazioni. Chi per scelta. Chi perché senza più un lavoro. Chi perché senza più l'amore. L'America e l'orizzonte sconfinato. Un mito che pulsa ancora forte nelle gambe e nei cuori provati degli americani. Il capitalismo colpisce. Gli esseri viventi cercano un'alternativa, un'altra strada. In queste case motrici i nomadi si portano dietro tutto il loro mondo. Si incontrano con altre anime. Le comunità si trovano e si perdono. Gli esseri umani si raccontano. E' tornato sul grande schermo il pluripremiato Nomadland (2020, di Chloé Zhao).
Fern (Frances McDormand) è una vedova. Perso il lavoro durante la grave crisi economica nel primo decennio degli Anni Duemila, ha deciso di mettersi in viaggio. La cittadina dove ha vissuto per anni insieme al marito si è ormai svuotata. Davanti a lei c'erano solo i ricordi, la solitudine e la fame. Non si è persa d'animo e ha iniziato a viaggiare. Un viaggio senza fine. Per lei i ricordi sono tutti dentro di sé e il proprio furgoncino, riadattato per cucinare e dormire. Una piccola casa mobile su quattro ruote. Le sue giornate dovrebbero essere l'antitesi della vita monotona tra le ormai solitarie quattro mura domestiche. Quelle portiere che dovrebbero raccontare una moderna storia di libertà, sono un'ancor più illusoria prigione.
Così, quando cede all'invito del reietto nomade Dave (David Strathairn), diventato nonno e ben accolto da figlio e nuora, ecco Fern, banalmente non riuscire a dormire nel letto che le hanno preparato, finendo per rifugiarsi nel suo postribolo parcheggiato, e l'indomani alle prime luci dell'alba andarsene senza nemmeno un biglietto di amichevole ringraziamento. Fern se ne va. Anima inquieta alla ricerca di quella serenità perduta per sempre che con non troverà mai più. Fern preme l'acceleratore e il freno. Oggi si fermerà un paio di giorni. Domani chissà. Fern ormai ha rotto con i paradigmi della società. Forse il suo posto è solo on the road. Forse anche no, ma non sembra importarle molto.
Fern si sposta a seconda del lavoro da fare per campare, passando da impacchettare per Amazon a raccogliere barbabietole. Indipendenza e libertà estrema, è davvero questa la ricetta per affrontare le idre impazzite della macchina fabbrica-soldi? Ma per quanti anni ancora riuscirà a farlo? E se le dovesse succedere qualcosa? Una gomma bucata? Un improvviso malore? Potrebbe non esserci nessuno accanto a lei ad aiutarla. A molti di questi nomadi è andata esattamente così. Qualcuno è stato fortunato, altri meno. Fern guida. Fern pensa. Fern fa il bagno. Fern si fuga una sigaretta. Fern sta da sola. Fern sta insieme agli altri. Fern offre il caffè a sconosciuti. Fern resta in silenzio. Forse vorrebbe qualcosa di più e di diverso, ma oramai è fuori tempo massimo.
Cosa si potrebbe aggiungere a un film che ha vinto il Leone d'oro al 77. Festival di Venezia, e sbancato i Golden Globe e gli Oscar? Nomadland gioca una partita molto facile, affidandosi in tutto e per tutto al viso segnato di una grandissima attrice, Frances McDormand (Mississipi Burning, Fargo, Tre manifesti a Ebbing - Missouri), e i libertini spazi americani. Nessuna analisi economica. Nessuna introspezione interiore se non quel minimo indispensabile per fare apparire la protagonista come una fiera voce fuori dal coro, controcorrente. Nomadland è l'usato sicuro che piace e tocca l'anima sofferente (chi non ce l'ha?, ndr) di un mondo sempre più alla ricerca della scialuppa di salvataggio,
La telecamera regala ossessiva allo spettatore costanti ed estenuanti primi piani della protagonista. Fern pacata ma interiormente, una bomba pronta a esplodere. Continua testarda in questo pattinare sulle strade americane, ma molto SexPistolsianamente sbanda sulla via del there is no future. Non c'è la poesia di una vita IntotheWildiana a contatto con Madre Natura, ma la triste caducità dei noodles precotti e riscaldati. Monta l'angoscia, deglutita come un grumo di sangue alla ricerca di una via (ferita) d'uscita ma al massimo potrà fare marcia indietro e ricominciare. Ancora, e ricominciare ancora in un monotono e dantesco girone.
Chloé Zhao, prima asiatica nella Storia a vincere un Oscar per la miglior regia e terza donna in assoluto, asseconda la poetica umana di un mondo allo sbando, ma invece di imprimere le proprie tonalità, lascia che sia la storia, scontata dall'inizio alla fine, a dirigere il percorso. Nomadland denuncia, ma senza una forte presa di posizione. Potrebbe essere quasi un documentario, e forse avrebbe avuto più spessore. Nomadland è ispirazione. Una fiammata nella notte che si dissolve in bagliori inermi, coagulati al primo colpo di tosse di un sentimento duraturo. Nomadland è un cielo stellato dove la condivisione è gioia estemporanea senza più legami. Allora ti metti in marcia. Nessun domani.
Buona notte mondo. Ho capito che sarai ugualmente infelice anche senza di me.
Cars - Saetta McQueen in un "Jodarnesco" volo durante una gara
Da sbruffone a cuore ruggente. Saetta McQueen è pronto per diventare una vera auto da corsa. Capolavoro della Pixar Animations Studios, Cars (2006, di John Lasseter).
Oooh si, Saetta è pronto! Inizia così la gara finale per l'assegnazione della Piston Cup. In testa a pari punti l'affermato campione The King, l'eterno secondo Chick Hicks e il novellino rampante Saetta McQueen. La gara è combattutissima e complice un colpo di scena, servirà uno spareggio all'ultima goccia di benzina riservate alle sole tre vetture. Sulla via della gloria però, il destino ha in serbo una grande lezione di vita. Una dii quelle che ti cambiano l'esistenza. Ma ora basta parlare, è tempo di sgommare insieme ai protagonisti di Cars (2006, di John Lasseter), introdotti da "Real Gone" di Sheryl Crow.
L'inizio di Cars - Motori ruggenti
Complice anche il lockdown, in tempi recenti ho avuto modo di rivedere (e rivedere e rivedere ancora, ndr) Cars - Motori ruggenti. Se già anni addietro lo avevo molto apprezzato, a furia di visioni in dvd ne ho potuto ancor di più cogliere la potenza narrativa, e questo grazie a un validissimio co-spettatore. Non è solo Saetta McQueen a catalizzare l'attenzione, ma è il suo rapporto coi personaggi a svilupparsi: dagli scontri con Doc (Paul Newman), all'adorabile Sally, fino ai gommisti Luigi e Guido, quest'ultimo doppiato nella versione italiana dal pilota Alex Zanardi. Molto azzeccato, il confronto scontro tra il pulmino hippy Filmore e la camionetta militare, sempre a battibeccare.
Il mito della provincia americana custode dei veri valori rispetto alla città e le luci della ribalta, è presente in modo sinceramente genuino. Così, quando Saetta è tornato in pista, della vittoria non sa più che farsene. I suoi pensieri vanno tutti ai suoi nuovi amici e a quel paesaggio incontaminato verso il quale l'ex-avvocato di grido Sally, ha dedicato la sua nuova vita. Gli amici veri però, non ti lasciano mai in difficoltà, figuriamoci se il tuo migliore amico è uno scatenato carro attrezzi senza cofano che di nome fa Cricchetto. Mai avvezzo a dividere la ribalta con terzi, sarà il suo nuovo team a far svoltare la carriera di Saetta McQueen, a cominciare proprio da quello scontroso Doc Hudson, pronto ad affrontare i propri demoni.
Scene cult a non finire. fino al cameo del sette volte campione del mondo, Michael Schumacker, che si presenta al negozio di Luigi e Guido, al tributo a un altro campionissimo sportivo, quel Michael Jordan omaggiato con la lingua di fuori da Saetta mentre vola letteralmente per evitare un ingorgo sulla pista. E poi c'è lei, la mitica Route 66, simbolo eterno di una concezione differente dalla frenesia moderna. Una strada, come spiega la dolce Sally a Saetta, dove la gente era cordiale e ciò che contava non era la meta, ma il viaggio. Cars - motori ruggenti è uno di quei film che migliora di anno in anno. Un caposaldo dell'animazione del terzo millennio capace di far nascere nuove emozioni dopo ogni visione.
Ai tempi di Cars - motori ruggenti, l'indipendente Pixar (Ratatouille, Up,Alla ricerca di Dory) sapeva scrivere lezioni di umanità senza sbatterle in faccia in modo spudorato com'è solita fare la Disney, ma utilizzando l'indiscussa sensibilità dei propri sceneggiatori. Il finale di questo lungometraggio è pura meraviglia. La dimostrazione che talvolta i veri vincitori non sono quelli che tagliano il traguardo per primi, ma coloro i quali sanno mettere i valori davanti a qualsiasi altra cosa, successo incuso. E Saetta McQueen farà proprio questo, dimostrando al suo caposquadra Doc (e al mondo intero) quanto sia cambiato per davvero grazie a tutta la genuina combriccola di Radiator Springs, e diventando così un vero campione. Un campione elegante come una berlina e scattante come un gokart, s'intende. Ciaciao!
Il commovente finale di Cars
Cars - Doc "Honet" Hudson e Saetta McQueen
Cars - Saetta McQueene Sally a zonzo tutt'intorno Radiator Springs
Nella terra del sangue e del miele - la giovane Ajla (Zana Marjanovic)
Viaggio nella violenza disumana degli stupri di guerra. Oggi, 8 marzo festa delle donne, ho guardato con disperazione Nella terra del sangue e del miele (2011, di Angelina Jolie).
"Tu fotti?". È questa l'atroce domanda che un soldato serbo rivolge a una donna musulmana appena arrivata nel campo di prigionia, dove aver visto uccidere tutti i maschi del proprio condominio a Sarajevo. Passano pochi secondi e la donna viene violentata nel gelo davanti a tutte le altre prigioniere e il resto della milizia. Per la prima volta dietro la telecamera in un lungometraggio, Angelina Jolie non usa mezze misure e ci scaraventa subito nell'incubo degli stupri della Guerra dell'ex-JugoslaviaNella terra del sangue e del miele (In the Land of Blood and Honey, 2011).
Ajla Ekmecic (Zana Marjanovic) è una giovane donna bosgnacca (musulmana di Bosnia), col sogno di diventare una pittrice. Un suo dipinto raffigurante la sorella Lejla (Vanessa Glodjo) è esposto nella galleria municipale di Sarajevo. Saltuariamente si prende cura del suo piccolo nipotino, non stasera. Ha un appuntamento con un giovane ufficiale di polizia, Danijel Vukojevic (Goran Kostic). Si incontrano in un locale. Ballano. Si guardano intensamente negli occhi. Lei è di origine musulmana, lui serbo. Sono entrambi bosniaci. Sono entrambi jugoslavi. In un attimo tutto questo viene spazzato via. Una bomba distrugge il locale. Loro sopravvivono, la loro terra (Nazione) no.
Nella sporca e ignorata guerra dei Balcani le milizie serbe (in particolare) non si limitarono a uccidere e a cercare di sterminare i bosgnacchi (dicasi genocidio), ma praticarono in modo sistematico lo stupro come forma di annientamento. Nel macello quotidiano in uno dei tanti campi detentivi ci finisce anche Ajla, scoprendo che a dirigerlo, è proprio Danjiel Vukojevic. Il suo Daniel. Quell'uomo così gentile e appassionato con lei, adesso d'improvviso è diventato il suo carnefice, o almeno così sembra. Daniel non ha dimenticato i suoi sentimenti e fa l'impossibile per salvarla dalla violenza cui sono soggette in modo brutale le sue compagne di (spietata) sventura.
Il giovane Vukojevic è un uomo conteso tra la lealtà verso l'amata Serbia di cui l'ingombrante padre è il generale Nebojsa Vukojevic (Rade Šerbedžija, il russo Boris Lametta di The Snatch), e l'amore per una donna la cui stessa esistenza è l'antitesi del proprio credo. Anche dopo essere stato trasferito al fronte, trova il modo per riavvicinarsi a lei, sfruttando le sue doti pittoriche. Le chiacchiere però girano anche in mezzo ai cadaveri, e quando la notizia giunge alle orecchie di Vukojevic senior, la reazione sarà oltre modo vendicativa. Dovere e sentimenti si scontreranno, e l'esito non sarà diverso da ciò che è accaduto in questa terra così martoriata.
Dieci anni e non sentirli. Dieci anni fa usciva sul grande schermo Nella terra del sangue e del miele, primo lungometraggio diretto dalla Premio Oscar, Angelina Jolie, e "misteriosamente" mai arrivato sui cinema italiani per mancanza di distributori. Oggi 8 marzo 2021 si celebra la Festa delle Donne ma c'è davvero poco di che essere felici. Avrei voluto scrivere qualcosa di più allegro. Avrei voluto imprimere sulle pagine di cineluk - il cinema come non lo avete mai letto una storia di intraprendenza femminile, come Miss Potter (2006, di Chris Noonan con Renèe Zellweger), invece ho scelto il dolore. Quello più efferato. Il dolore ancora troppo poco riconosciuto. Il dolore che si vuole nascondere per far finta che non ci sia un problema.
Si soffre, e molto, Nella terra del sangue e del miele (2011, di Angelina Jolie). Pochi preamboli. Angelina Jolie (Tomb Raider, The Tourist, Maleficent) ci scaraventa nell'inferno della violenza più laida e vigliacca. Mostra la guerra dei Balcani per quello che è stata: una mattanza cieca e indistinta. Nello sguardo e le azioni del personaggio interpretato da Goran Kostic, l'indimenticabile guardia del corpo psicopatica della Volpe nell'intenso The Hunting Party (2007, di Richard Shepard), film presentato a Venezia e incentrato (anche) sulla ricerca dei criminali della guerra balcanica, c'è l'ansia e l'angoscia per qualcosa di orribile che possa succedere ad Ajla. "Perché non sei nata serba", dice Danjiel, a metà tra l'amore e il dovere "etnico".
Nell'era del covid la violenza domestica non si è fermata. Le donne sono ancora oggi tacciono sulle violenze, impotenti dinnanzi a un Sistema e una Società che fa ancora troppo poco. All'inizio degli anni Novanta il sogno del multiculturalismo slavo fu stuprato dall'orrore dei campi di sterminio, con l'aggravante di abominevoli violenze sulle donne. Ho iniziato a guardare Nella terra del sangue e del miele (2011, di Angelina Jolie), disponibile su Amazon Prime Video, con l'angoscia di chi si stava coscientemente inoltrando in un incubo di cui, temo, continuerò a rivedere le immagini nella mente. Quelle donne invece furono strappate alle loro vite, private dell'amore dei loro mariti e dei loro figli. Quelle donne furono uccise due volte. Condannate, chi sopravvisse, a vivere una vita nel tormento eterno della violenza più agghiacciante.
Il trailer di Nella terra del sangue e del miele
Nella terra del sangue e del miele - donna vittima di stupro
Nella terra del sangue e del miele - Danjiel Vukojievic (Goran Kostic) e il Generale Nebojsa Vukojevic (Rade Serbedzija)
Nella terra del sangue e del miele - campi di concentramento
Con i cinema ancora chiusi, a San Valentino sul piccolo schermo maratona di film d'amore. Sette lungometraggi a partire dale 3 del pomeriggio. Venite a scoprire quali.
14 febbraio, il piccolo schermo risponde presente con una maratona sentimentale su Paramount Network (canale 27), che ci accompagnerà dalle tre del pomeriggio fino a notte fonda. Nel dettaglio
15:10 - Il lato positivo (2013, di David O. Russell) con Jennifer Lawrence e Bradley Cooper. La favola malinconica di Pat e Tiffany, alla ricerca dell'equilibrio che non c'è
17:10 - I Perfetti innamorati (2001, di Joe Roth) con Julia Roberts, Billy Crysta, John Cusack e Catherine Zeta Jones.
19:10 - Letters to Juliet (2010, di Gary Winick) con Amanda Seyfried e Vanessa Redgrave.
21:10 - Serendipity - Quando l'amore è magia (2001, di Peter Chelsom) con Kate Beckinsale e John Cusack. In un'affollata New York City natalizia, l'amore imprevedibile e maledettamente romantico fa il suo trionfale e devastante ingresso.
23:00 - Kate & Leopold (2001, di James Mangold) con Meg Ryan e Hugh Jackman.
La memoria spensierata è la più grande risorsa per affrontare un presente complicato. Oggi inizia il Carnevale di Venezia e cineluk lo celebra insieme a Mary Poppins e la voga alla veneta.
The Family Man - Kate (Tea Leoni) attende entusiasta il suo regalo da Jack (Nicolas Cage)
Il giorno dell'anniversario è un momento di condivisione e tanto amore. E se d'improvviso ce lo dimenticassimo? Succede anche questo, ai romantici protagonisti di The Famliy Man.
di Luca Ferrari Felice. Passionale. Innamorata. Kate Reynolds (Téa Leoni) è una donna fortunata. Vive un vita semplice insieme all'amato marito Jack Campbell (Nicolas Cage) e i loro due figli. Il suo lavoro non le regala troppe soddisfazioni a livello economico ma è comunque soddisfatta. L'amore con Jack va avanti dai tempi del college. Oggi è un giorno speciale. Il giorno del loro anniversario. Kate e Jack hanno avuto un battibecco pochi giorni prima, qualcosa che succede tra chi condivide la vita ed è legato da un sentimento autentico. Succede tra chi condivide le gioie e le difficoltà della vita, come appunto è raccontato nel romantico-commovente The Family Man (2000, di Brett Ratner).
Jack è sempre stato il primo a darle il regalo di anniversario, quest'anno però c'è qualcosa che non va. Jack è turbato. Non sembra più il romantico marito di una volta. Kate invece è sempre la stessa. E' una delle tante mattine nel New Jersey innevato. Jack tutto assonnato è al piano inferiore a cambiare e dare il latte al piccolo Josh. Appena sentito il marito andare giù, Kate si sveglia tutta felice e da sotto il letto, tira fuori un grande pacco regalo. Lì dentro c'è la copia a buon mercato di una giacca che Jack aveva visto. Avere/essere in una famiglia significa anche saper rinunciare "ai propri giocattoli", specie per gli adulti. Kate è travolgente nella sua sprizzante felicità. Consegnato il regalo, allunga le braccia con gli occhi chiusi, in attesa di ricevere il proprio, e lì accade.
Kate è lì, bella e solare nel suo pigiama felpato. Entusiasta della vita. Non ha paura di esprimere la sua felicità. Kate d'improvviso capisce che il suo amato Jack ha dimenticato il giorno del loro matrimonio. Per lei è un colpo al cuore. Si sente ferita. Il suo sorriso si trasforma in una maschera di tristezza, lancinante. Non è il regalo mancato a ferirla, è il constatare che Jack abbia dimenticato il giorno più importante della loro vita. Saprà rimediare. Saprà mettere a fuoco ciò che davvero conta, come lo spirito Cash (Don Cheadle) gli aveva detto che avrebbe dovuto imparare prima di tornare alla sua vita. Una vita però, quella di Jack Campbell, che non sarebbe più stata la stessa. A ben guardare però, è stato proprio così... dal giorno che Jack s'innamorò di Kate Reynolds.
The Family Man, la scena dell'anniversario
The Family Man - un'amorevole Kate (Tea Leoni)
The Family Man - Kate (Tea Leoni) consegna il regalo a Jack (Nicolas Cage)