Django Unchained - Django (Jamie Foxx) |
di Luca Ferrari
Sergio Leone può stare tranquillo. La smisurata passione di Quentin Tarantino per il cinema e il genere western non è abbastanza perché possa impensierire la sua trilogia con il comunque meritevole Django Unchained (2012). Il regista capace di mescolare ispirazioni che più lontane non si può, allunga la mano su una delle pagine più nere della storia americana, lo schiavismo.
Al centro della propria storia, lo schiavo Django (Jamie Foxx) e la moglie Broomhilda (Kerry Washington), con quest’ultima frustata senza pietà davanti al marito supplicante che invano cerca di far desistere i negrieri dall’atroce punizione per aver tentato insieme la fuga. Saranno marchiati, e venduti. Separatamente.
Ma sulla strada per gli ennesimi lavori forzati, Django viene liberato da un buffo dentista teutonico, il Dr. King Schultz (Christoph Waltz) che da tempo ha abbandonato la professione odontoiatrica e si è affermato come cacciatore di taglie. Inizia un impensabile sodalizio nell’America pre-Guerra Civile (quella al centro di Lincoln di Steven Spielberg; ma i due registi si sono messi d’accordo per far uscire le pellicole una dopo l’altra in senso cronologico?).
Un negro a cavallo da uomo libero? Ma quando mai. Nel sud degli Stati Uniti per giunta. Il patto è semplice: Django aiuta Doc a uccidere e incassare, Doc aiuta Django a trovare e liberare la sua dolce metà. Tutto fila liscio, fino a quando non arrivano dal ricchisso proprietario terriero Calvin Candie, un Nicholsoniano Leonardo DiCaprio, dal cui celebre attore deve avere preso molti appunti quando divisero il grande schermo di The Departed (2006, Martin Scorsese).
Sgherri con la frusta facile a parte, al fianco di Mr. Candy c’è Stephen (Samuel L. Jackson), fedelissimo al colore bianco e senza scrupoli nel mandare a torture disumane la propria gente. Non solo è un servitore della peggiore specie, ma è anche sveglio. Capisce le vere ragioni della strana coppia che si era presentata per acquistare un lottatore nero, e mette al corrente il suo capo delle loro intenzioni. Nulla sarà più come prima. Specie per Schultz.
Sangue a volontà. È il marchio di Quentin. Ne scorre parecchio anche in Django Unchained. Ma non è solo la fotografia di Robert Richardson a dare una marcia in più alla pellicola. Sono i dettagli. Se in Inglorious Basterds (2009) Tarantino reinventava il nazista con il colonnello Hans Landa (Waltz), qui disegna il Ku Klux Klan come un branco di mentecatti (…), capitanati da Big Daddy (Don Johnson), incapaci perfino di fare due buchi all’altezza giusta degli occhi del loro "fottuto" cappuccio bianco.
E in questa scelta non stento a credere ci sia un gustoso sentimento di disprezzo totale verso quell’immonda feccia umana che ha torturato e ucciso senza pietà innocenti. Una repulsione quella del regista di Le Iene e Jackie Brown nei confronti dell’organizzazione razzista, conficcata anche nell’atteggiamento del Dr. Schultz, recalcitrante a stringere la mano a Candie dopo essere stato obbligato a spendere dodicimila dollari per liberare la moglie di Django.
E in questa scelta non stento a credere ci sia un gustoso sentimento di disprezzo totale verso quell’immonda feccia umana che ha torturato e ucciso senza pietà innocenti. Una repulsione quella del regista di Le Iene e Jackie Brown nei confronti dell’organizzazione razzista, conficcata anche nell’atteggiamento del Dr. Schultz, recalcitrante a stringere la mano a Candie dopo essere stato obbligato a spendere dodicimila dollari per liberare la moglie di Django.
Ma non è il piano andato a monte né l’esborso monetario a rendere il “dentista” così arrabbiato e per nulla intenzionato a soddisfare la richiesta dello strafottente Calvin, che conscio del proprio potere, insiste. King è sdegnato. Quello che ha visto nella piantagione è qualcosa che non si può dimenticare. Una scena oltremodo brutale dove il bianco animalesco sbrana il nero. E adesso è tempo di chiudere il conto con la sola moneta possibile: la morte. Anche se le conseguenze potrebbero essere terribili.
C’era molta curiosità nel cameo di Franco Nero, il Django originale del film (1966) di Sergio Corbucci. Dal trailer sembravano poco più di una superflua battuta. Non poteva essere tutto lì. No, certo. Soprattutto visto il tempo che lo stesso Tarantino aveva dichiarato esserci voluto per pensarlo. Solo poche parole. Ma decisive. Espresse con superiore sprezzo da una razza sull’altra, ma che trovano nella pronta replica qualcosa di spregiudicato. Ribelle. Rivoluzionario.
Fin dalle prime battute della pellicola, Quentin entra con la telecamera nello sguardo terrorizzato degli schiavi incatenati, senza bluff né splatterismi. Le schiene sono tutte segnate dai laceranti colpi di frusta.
Non c’è manierismo nella quasi evirazione a fuoco lento di Django mentre è appeso semi nudo a testa in giù nelle mani del crudele Billy Crash (Walton Goggins). Al contrario, i suoi disperati e inutili movimenti di fuga sono un martello pneumatico nella mente dello spettatore, angosciato per il destino dell’eroe di cui di lì a poco potrebbe sentire le sue urla di sofferenza.
La resa dei conti fa parte delle regole del West e Quentin Tarantino ci ha abituato bene. Non importa se a scatenare la violenza è chi ha subito delle ingiustizie.
Le pallottole omicide di Django sono confetti nei nostri cuori rispetto al terrore della schiava legata a un albero nella piantagione di Big Daddy, colpevole di aver rotto delle uova, e per questo meritevole di essere frustata senza pietà. Quando la carne è già pronta per essere lacerata, arriva lui. Django Freeman. Prima uccide il negriero, poi frusta e colpisce a morte il suo compare. La vendetta dello schiavo è servita.
Le pallottole omicide di Django sono confetti nei nostri cuori rispetto al terrore della schiava legata a un albero nella piantagione di Big Daddy, colpevole di aver rotto delle uova, e per questo meritevole di essere frustata senza pietà. Quando la carne è già pronta per essere lacerata, arriva lui. Django Freeman. Prima uccide il negriero, poi frusta e colpisce a morte il suo compare. La vendetta dello schiavo è servita.
Il finale è di quelli che non ti aspetti. Non nell'azione (scontata), ma nella colonna sonora. E a questo punto mi fermo e non aggiungo altro. Però non sono così bastardo come Aldo Raine detto l'Apache, e un suggerimento ve lo posso anche lasciare. Per cui, immaginando di avere Calvin Kendie davanti a me e con il fucile rivolto alla sua ciurma di squallidi aguzzini, gli direi questo, “Ne ho abbastanza di voi e dei vostri ruba-galline…”.
Django Unchained - Django Freeman (Jamie Foxx) e il dott. Schultz (Christoph Waltz) |
Django Unchained - Big Daddy (Don Johnson) |
Django Unchained - il Ku Klux Klan |
Django Unchained - la tragica finedi uno schiavo sbranato dai cani |
Django Unchained - il luciferino Calvin Candie (Leonardo DiCaprio) |
Django Unchained (2012) di Quentin Tarantino - la fotografia di Robert Richardson |